1974
Che la stragrande maggioranza dei gruppi prog italiani, negli anni '70, si sia ispirata ai grandi gruppi inglesi è un dato certo. Ma sono moltissimi i gruppi che hanno saputo produrre dischi con elementi personali, grazie all'utilizzo di calde sonorità mediterranee, classicismi tipici della tradizione e, su tutto, un feeling italico, tocco che contraddistingue il prodotto. Il risultato è stato quello di un apprezzamento totale e mondiale, tanto da fare del progressive italiano quasi un genere a sé. Tra i gruppi che meglio hanno saputo ridefinire i temi progressivi e utilizzarli in maniera oggettivamente personale ci sono i milanesi Alusa Fallax.
Questa band si formò nel 1969 dalle ceneri di un gruppo da balera di periferia, nel periodo in cui un 45 giri non lo si negava a nessuno. Produssero un paio di brani melodici e piuttosto insignificanti, in pratica nessuna etichetta diede loro il minimo credito. Decisero così, per gli anni a seguire, di convivere in due strade diverse: una pubblica, che prevedeva le solite 300 serate all'anno nelle balere e nei dancing della cintura milanese e una privata, nella quale la band componeva brani di respiro progressive, unendo così le esperienze di territorio e di musica suonata sempre con maggiore esperienza e perizia ai concetti progressive che iniziavano ad arrivare pesantemente dall'Inghilterra.
Dopo quattro anni di vita siffatta, c'era pronto abbastanza materiale per un disco e la band riuscì a strappare un invito per i festival estivi di Roma e Napoli. Fortuna volle che proprio a Napoli ci fosse i general manager della Fonit Cetra, che consentì loro di registrare "Intorno alla mia cattiva educazione".
Il disco è, come usuale allora, un concept album basato su una rappresentazione inizialmente ideata per il teatro, ma che si prestò perfettamente agli standard discografici. Due lunghe suite, spezzate in un totale di 13 movimenti, che narrano la storia di un fantoccio. Il percorso del protagonista vede una prima fase in cui un'educazione cattiva, severa ed estremamente bigotta ha voluto, appunto, come un fantoccio in mano ai suoi manipolatori. La storia si sviluppa in seguito con i vari tentativi di affrancarsi da quello stato di pesante vincolo, fino alla liberazione fisica e mentale verso una normale esistenza.
Musicalmente il disco suona elaborato e intricato nelle strutture, ma ricco di melodia e soluzioni musicalmente centrate, grazie anche alla perizia tecnica dei componenti, forti, oltre che di grande esperienza, anche di importanti basi da Conservatorio. Al fianco di ampie parti sinfoniche ed evocative, non mancano temi e passaggi di impronta etnica, con percussioni in evidenza spesso giocate su tempi dispari, molto utilizzati dalla band, specie nella prima parte del disco. Particolare il momento di emancipazione del "fantoccio" nel quale, in un brivido strumentale, si arriva ad un momento di cacofonia classico-avanguardistica, anticipatrice di molto noise degli anni a venire. Non mancano poi momenti di tendenza jazz rock, intrecci di flauti e chitarre acustiche, con qualche richiamo ai migliori Jethro Tull di "A Passion Play". Non di rado si possono avvertire suoni riconducibili ai King Crimson, al Banco o alla PFM e parti corali nello stile dei New Trolls. Sia ben chiaro senza nessun intento di riproposizione, semplicemente erano anni fatti così e i suoni entravano nelle orecchie per risiedervi con fermezza e poi uscire anche in maniera spontanea e naturale. Gran lavoro di tastiere, un lavoro incessante, preciso nel quale la classe e la preparazione di Massimo Parretti saltano fuori nel migliore dei modi. Ma la cosa che si avverte come presenza maggiore è un forte senso di melanconia, di emozione continua, sia quando le partiture salgono verso un hard dark prog, sia quando tutto si fa rarefatto, per lasciare spazio ad una tenue percussione ed un flauto evocativo ed onirico.
Nonostante tutto, il disco passò senza gran promozione e le 5000 copie della tiratura originale esaurirono senza ristampa alcuna. Inutile dire che oggi lo ascoltiamo grazie alla "solita" lungimiranza Mellow Records.
La band si sciolse del 1979 dopo un rientro nel genere melodico e di tendenza disco music, gli anni erano quelli, purtroppo.
Sioulette
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