American Music Club. Un nome che può ispirare tristezza in diversi modi. All'ascolto della musica, ovviamente, si sa che Mark Eitzel è uno che nelle sue canzoni ha sempre riversato la sua vita e quella dei suoi amici, le sue sbornie, le sue rotture improvvise, la sua compassione verso amici divorati dall'AIDS o persi nel tunnel della solita, invincibile crisi esistenziale. Ma anche semplicemente conoscere quel nome implica il lasciarsi avvolgere da una certa ineluttabile tristezza. Per la fine di una band (con tanto di reunion del 2005, il cui risultato non è di mia conoscenza) tutto sommato sconfitta dalle divergenze creative e dalla mancanza di quel successo che gli spettava di diritto, per coraggio e qualità. è questo ciò che ispira la più inguaribile malinconia, vedere una band come gli AMC annientata dall'incomprensione.

Eppure si erano lasciati alle spalle un certo numero di album ispirati e pieni di sentimento: si parte da "The Restless Stranger", album dalle atmosfere suicide praticamente rinnegato dalla band nel quale vi sono ancora tracce di punk e new wave, passando per "Engine" e "California" dove la band ha ancorato il proprio sound a un folk rock spettrale e ombroso nel quale confluiscono influenze psichedeliche piuttosto marcate. Si tratta di lavori sofferti e umbratili, poco accessibili. Con "Everclear", invece, le cose cambiano abbastanza radicalmente: Eitzel e compagni (Mark "Vudi" Pankler alla chitarra, Bruce Kaphan in qualità di polistrumentista, Dan Pearson al basso e Tim Mooney alla batteria) compongono tutto sommato un album meno musicalmente introverso rispetto ai suoi predecessori e più disteso all'ascolto, sebbene per nulla più ottimista o solare: "Rise" riecheggia gli inni epici e marziali degli U2 anni '80, con quel ritornello enfatico e urlato, "Crabwalk" è un country rock vigoroso e incalzante e "The Dead Part Of You" è un amaro sfogo di Eitzel alla chitarra acustica screziato da fiammate quasi noise di chitarra elettrica. Sono brani fragili e carichi di doloroso pathos, eppure orecchiabilissimi, si stampano nel cervello con una facilità sorprendente. Per non parlare di "Why Won't You Stay", apice di quest'accessibilità tutt'altro che deleteria, quasi una ballata da night club dove il canto sommesso e malinconico di Eitzel si accompagna ad una base strumentale in punta di piedi, quasi sottovoce.

Ma la drammaturgia della band trova rifugio anche in brani meno penetrabili, più tetragoni nella loro tremenda depressione: "Miracle On 8th Street" è dominata da una timida melodia di chitarra acustica sulla qualle i tesi rintocchi dei piatti e della grancassa, insieme alla voce soffocata di Eitzel (prossimo alla morte oppure semplicemente alle lacrime) e alle tastiere sinistramente presenti in sottofondo compongono quasi un dipinto sonoro della malinconia esistenziale, insieme a "The Confidential Agent" (psichedelica e oscura, lontana parente degli U2 di "The Unforgettable Fire") senza dubbio la canzone più carica di emozione dell'album, ma la vera coltellata allo stomaco, emotivamente parlando, è "Sick Of Food", una ballata che comincia nel loro solito stile dimesso, quasi da zombie, per poi concludersi in un finale rabbioso e disperato nel quale Eitzel dichiara "Now I wake up and I don't have any gravity". Le liriche riflettono pienamente le atmosfere della musica, storie di introversione e solitudine in cui l'alcol, le delusioni amorose e la malattia hanno un ruolo preponderante, si tratta infatti di testi leopardianamente legati a un'idea di impossibilità di riscatto che più tardi Eitzel, ormai votato alla carriera solista, sintetizzerà in un verso della sua "Are You The Trash": "evil gets what it wants". Forse il male volle che gli AMC cessassero di esistere. L'ha ottenuto.

I ragazzi si sono presi una bella rivincita, un paio di anni fa... in attesa di ascoltare qualcosa di nuovo da loro, vi rimando a questo "Everclear". Così come l'ultimo "Love Songs For Patriots", frutto della suddetta reunion, e come ogni singolo album della loro tragicamente ignorata carriera, una vera e propria "sfida alla tenebre", come disse il vecchio Hank. Alla prossima.

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