Delicato, scoppiettante e pur profondo Giappone

Ametsub: ai più questo nome non dice nulla, ed è un peccato, perchè chi può avere la fortuna di ascoltare quest' album fino in fondo sa fin dal primo ascolto di avere per le orecchie una vera perla di musica elettronica. Difficile trovare paragoni: Ametsub non assomiglia a nulla o quasi: IDM, Glitch, avanguardia, sono tutti aggettivi che descrivono bene le sonorità di quest'album, ma il tutto è più della somma delle sue singole parti e la perfetta armonia di questi brani, le melodie delicate e cristalline che si fondono nel contrappunto elettronico di glitch e ritmiche leggere (come una drum and bass creata da bollicine scoppiettanti) sono difficilmente ascrivibili ad un solo genere.

Ryuichi Sakamoto ha definito Ametsub come l'erede della musica elettronica, e se lo dice lui (per chi non lo sapesse provi a cercare "Yellow Magic Orchestra" per scoprire i Kraftwerk giapponesi), ci si può anche credere.

In effetti chi ha ascoltato le collaborazioni tra Sakamoto e Alva Noto capirà subito che quest' album è la messa in atto di quanto quel progetto aveva in potenza: loop composti da frammenti di pianoforte skippati a velocità assurda eppure ben assemblati e mai scontati nel tessuto ritmico del brano (come avviene in "Artland"); melodie accattivanti, delicate, che s'inseriscono alla perfezione in un impinato ritmico estremamente complesso eppure altamente fruibile ed elegante al contempo (ad esempio in "2 Cats").

Il pianoforte è in effetti un elemento marcatamente presente in questo lavoro: filtrato, destrutturato, riavvolto, in forma di loop o skippato, lo si riconosce quasi soltanto per il timbro e non per le sue classiche funzionalità melodiche (John Cage approverebbe sicuramente). La struttura armonica mai scontata e banale rievoca le migliori ballad jazz.

Eppure il momento forse più bello di tutta l'opera ("The Solo To Untamed Place") non ha tracce di pianoforte con sè: due clarinetti in riverbero che dialogano lentamente accompagnati da un organo mentre sotto di loro una struttura ritmica altamente cangiante e veloce risalta ancor di più la melodia; è un momento di rara bellezza: leggero e delicato come un acquarello su carta di riso eppure profondo e intenso come una salmodia velata di nostalgia.

La copertina, elegante ma ricca, piena di colori eppure tenui, riflette alla perfezione la ricchezza e l'estrema complessità di questo capolavoro che riesce tuttavia a non risultare ne eccessivo ne pretenzioso quanto piuttosto armonioso e ben equilibrato nelle infinite sfumature che vuole evocare.

Un' opera prima che prende il meglio che l'IDM e la glitch music hanno saputo dare alla musica elettronica negli ultimi anni, portando questi generi ad un livello superiore e di reciproco supporto e valorizzazione.

L'etichetta, la "Progressive Form", merita una nota a parte. Fondata nel 2000 rappresenta una delle migliori vette dell'avanguardia elettronica nipponica capace di affiancare gli sperimentalisimi più estremi alla ricerca di soluzioni comunque eleganti e melodiche.

Questa è la mia prima recenzione du Debaser, domando scusa se non dovesse essere particolarmente brillante o se non dovesse essere esauriente nel descrivere quella che per me è un'opera fondamentale del bagaglio culturale di un amante della musica elettronica d'avanguardia e che all'alba del 2018 (12 anni dopo l'uscita di quest'album) non ha avuto ancora una recensione in italiano.

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