“Phallus Dei” ovvero il Cazzo di Dio. Questo disco è un trip acido senza fine che sembra suonato da dei Jefferson Airplane alle prese con un cattivo viaggio da LSD. Gli Amon Düül II hanno avuto l’intuizione di unire la psichedelia americana con Stockhausen e il risultato è epico, oscuro, pagano e completamente fuori di testa ma, allo stesso tempo, originale e musicale a differenza delle sessioni senza senso dei loro fratellini degli Amon Düül. In effetti gli Amon Düül, con “Psychedelic Underground” e altri dischi successivi simili (eccetto “Paradieswärts Düül”) come “Collapsing Singvögel Rückwärts & C”, “Disaster (Lüüd Noma)” ed “Experiment”, sembravano dei fricchettoni andati a male. Purtroppo c’è sempre stato qualcuno, all’interno delle case discografiche, che voleva lucrare e questa ormai è storia documentata. Si trattava di materiale giudicato inutilizzabile che venne pubblicato solo grazie al successo di “Phallus Dei”.

L’inizio di “Phallus Dei” viene affidato alle sonorità mediorientali e occulte di “Kanaan”. In “Dem Guten, Schönen, Wahren” la voce di Renate Knaup emerge da abissi incommesurabili di pura follia. La danza macabra di "Luzifers Ghilom" ci porta invece a visitare un monastero sperduto in Tibet popolato a monaci dediti a culti dimenticati. "Henriette Krotenschwanz è una marcetta paraoperistica folle e iconoclasta. Infine ecco la suite espansa e acida di "Phallus Dei": sembra di ascoltare un’invocazione a Cthulhu e alle divinità folli create da H.P. Lovecraft. Musica che andrebbe ascoltata sotto l’effetto di sostanze psicotrope. L’improvvisazione regna sovrana ma, in realtà, gli Amon Düül II sapevano bene come tenere sotto controllo la loro creatività. Sembra una messa pagana officiata in mezzo alla Foresta Nera in cui percussioni, chitarre effettate e tastiere creano un suono al di là del tempo e dello spazio. Alla fine di questo “Viaggio al termine della notte” ci si sente storditi ed ebbri come se si fosse bevuto il nettare degli Dei.

All’epoca c’era qualcosa di diverso nell’aria, un feeling che gli Amon Düül II hanno colto pienamente. “Phallus Dei” è un classico senza tempo che continua a risuonare, come direbbe Julian Cope, nelle menti di tutti gli Avvertiti.



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