Con un po' di immaginazione potrebbe essere il miglior disco rock della storia.
Con un po' di realismo uno dei peggiori. Sta a voi scegliere. Che io, onestamente, non lo so.
A meno che, nel gioco degli opposti, il peggio sia in realtà il meglio.
Prendete i diciassette favolosi minuti della traccia uno, orrenda orrendissima cacafonia figlia, (cinquanta e cinquanta) dell'idealismo freak e di una urgenza quasi punk.
Ah, son chitarre acustiche e percussioni selvagge che coprono quasi del tutto voci sgraziate e urlanti
E c'è un incredibile senso di gioia, una felicità quasi pazza. E' musica istintiva e liberatrice, non cerebrale...
Si, istintiva e liberatrice.
“ Il canto che canta del passo che lo segue il candore senza riguardo”, diceva il poeta...
E, oltre al poeta, ci tocca citare per l'ennesima volta l'iguana, non il musicista, ma il disperato filosofo della poesia di strada, quando racconta di un suono che ingoia la sofferenza tutta intera...
Un suono che svolge una funzione opposta e complementare alla magia Vuh (di, non so, “Hosianna mantra” e “In der garten pharaos”).
Si la magia Vuh, quella che, se riesci a infilartene una nota in tasca, scavalchi a sinistra qualsiasi misticone mistichello (saggio o strippato che sia).
Si, che una (la magia Duul) ingoia la sofferenza e l'altra (la magia Vuh) ti porta in paradiso.
Che dite? Le vostre casse sembrano in preda a tosse e raucedine? Il kraut è roba di grandi musicisti e questi sembrano capitati li per caso?
Capitati li per caso? Ma magari!!!Che passando da quelle parti mi unirei anch'io col mio tamburello.
Ah, signori, il tutto è maggiore della somma delle parti!!!
E conta più il processo del risultato, conta più la strada del luogo dove si arriva.
E comunque se vi siete un po' irritati, tranquilli che dalla traccia due in poi sembra quasi avanguardia seria.
Che se si appiccica a qualcosa il nome di avanguardia (quella seria) quei fattarelli (di processo e risultato e di strada e luogo d'arrivo) si dan quasi per scontati, è un fatto di buona educazione.
Comunque, il secondo brano son accordi psichedelici e rifrangenti appena appena sbarellati...
Il terzo una batteria velvettiana mezza tribale e mezza di strada con un lamento sepolcrale di sottofondo. Il titolo è piuttosto grazioso: “Mama Duul e la sua banda kraut si mettono in moto”
Siete più tranquilli adesso che vi ho detto che è quasi avanguardia (seria)?
Andiamo avanti allora...
La traccia quattro, una roba bella grezza, è una specie di hard rock misticheggiante, con una favolosa chitarra involuta, monolitica, potente, accompagnata dai tamburi suonati da un centinaio di baccanti che hanno tutte la faccia di Maureen Tucker.
Il canto, urlato, è quasi sempre in sottofondo e solo in alcuni momenti si prende la scena.
E' il caos. E può solo risolversi con altro caos, quello di un finale dal rumorismo leggermente più avant/garde, ovvero una botta di raffinatezza.
La traccia cinque comparirà, piuttosto diversa, anche in “Phallus dei”, il primo album deglia Amon Duul II
Amon Duul II? In che senso II?
Gli Amon Duul erano una comune di artisti, musicisti e attivisti politici che pur avendo trovato un pensiero comune nei capisaldi del pensiero sixties (droghe, libero amore, idealismo) si trovarono ben presto in forte divergenza sulla direzione musicale da prendere.
Ecco allora la scissione: Amon Duul con il loro suono anarchico, istintivo, improvvisato, dilettantesco e Amon Duul II, altrettanto folli, ma molto, molto più musicali.
Non vi racconterò balle. Gli Amon Duul II erano cento (e pure duecento) volte meglio, ma non è questo il punto.
Che questo è il miglior disco rock della storia e chi se ne frega se fa schifo...
Dove eravamo?
Ah, si eravamo alla traccia cinque, ma a dire il vero mi mancano le parole...
Diciamo che si parte da un po' di dissonanti note di piano (almeno credo) e che poi arriva un acid folk da incubo che da il via ad una specie di non so cosa...
Ma mi mancano le parole, ve l'ho detto...mi mancano proprio...
E mi mancano anche per la traccia sei. Quindi stop.
Alla fine mi vien da dire che, forse, questa musica non andrebbe ascoltata su disco, forse bisognava esserci allora.
Ma allora noi non c'eravamo, che poi, magari, anche a esserci stati avremmo passato il nostro tempo con babbo e mamma o con gente tipo gli ultras del Borussia Dortmund (che comunque è una squadra fantastica)...
Quindi, ogni tanto, sarebbe meglio ascoltarselo sto disco, anche se i Duul II son molto, molto meglio.
Fate così: su dieci, nove volte ascoltatevi “Phallus dei” e una questo.
Fate cosà: sempre su dieci, 6 volte ascoltatevi “Yeti” e quattro “Paradieswarts duul”, il secondo (favoloso, favolosissimo) album dei nostri.
Che lì è accaduto il miracolo: gli improvvisatori dilettanti hanno imparato a suonare.
Ma “Paradieswarts duul”, uno degli dieci album kraut più belli del periodo, merita una recensione a parte.
Carico i commenti... con calma