Amor Fou è il progetto ambizioso di quattro belle teste: Alessandro Raina (ex voce Giardini di Mirò), Cesare Malfatti (La Crus), Luca Saporiti (Lagash) e Laziero Rescigno, che si incontrano per far parlare sottovoce i cuori giovani di due amanti persi tra le note luccicanti di un trentennio di musica d'autore italiana, politica, sesso, sogni e addii. Cantati quasi come la colonna sonora di un lungometraggio della 'Nouvelle Vague', con quella disinvoltura, quello stile, quelle particolari sensibilità e freschezze che contraddistinsero il movimento di una generazione di giovani e brillanti menti degli anni '60, i due amanti si dicono addio nel giorno emblematico della bomba di Piazza Fontana, ('La Strage'; 'Anni Luce'), per poi ritrovarsi, dopo trent'anni, cambiati, diversi, scevri delle passioni di quei giorni illusori e per questo magici.

Ne germoglia splendido ed elegante: 'La Stagione Del Cannibale'. Luminoso abbaglio pop-cantautorale in un grigiore abitudinario.

Quella che viene cantata, con un'emotività quasi cinematografica, è la società neo-borghese degli anni '60 italiani. Quella delle rivolte studentesche, dei forti contrasti sociali, delle grandi contraddizioni e delle grandi speranze. Quella del boom, delle prime disinibizioni sessuali, degli amori nascosti in qualche vecchio portone chiuso o 'nella casa materna', ('Se Un Ragazzino Appicca Il Fuoco'). Ma è anche la nostra, quella di oggi: incerta, effimera, libera ma smarrita e l'alchimia tra le due riesce perfettamente proprio perchè l'intensità delle liriche e delle parole, così come gli arrangiamenti moderni, arricchiti di quel pizzico in più di elettronica che lega tutto così omogeneamente, fanno in modo che ogni sentimento, ogni sensazione riesca a vestire bene qualsiasi situazione passata o presente che sia, abbigliandosi solo marginalmente delle lunghe ombre musicali del tempo andato.

Entrare in punta di piedi in una stagione 'affamata' di sentimenti e ideali come questa, una stagione cannibale di suggestioni e magnetismi, di illusioni strappate e mai ricucite può essere devastante ed estatico. Le parole ti travolgono, ti spiazzano, ti si incollano addosso e le fai tue. Parole e musica di una raffinatezza scenografica quasi letteraria, che riflettono alla perfezione passioni consumate, ritorni sbagliati, ricordi brucianti in un costante altalenare di tremori e sussulti. L'album esordisci con 'Il Periodo Ipotetico'. il punto chiave: quello del distacco. Si apre con l'addio dei due e con la consapevolezza rinnegata della fine, quella, malinconica, dell'idea che se ci fosse stato un luogo abbandonato da prendere per sè, dove scappare e rifugiarsi forse tutto sarebbe stato possibile. Si apre con la paura che tutto l'amore possa svanire se il tempo lo lascerà svaporare 'passerà se passerà questo pallore che ci rende così simili da perderci'. E' il pallore dell'amore, il periodo ipotetico di ogni storia impossibile ed è un brano meraviglioso nella sua rassegnazione pacata. Segue amara 'La Convinzione' altro punto altissimo della produzione. La convinzione di chi non si è aperto, di chi non ha saputo parlare o di chi al contrario è scappato verso 'una destinazione lontana o poco chiara' perchè infondo è più 'nobile cadere molte volte' e aver tentato consapevoli che la sofferenza sia dietro l'angolo o solo una questione di tempo, che rimanere chiusi 'in un grande mare d'attese' o 'in grandi valli di parole poco chiare'.

Raina scrive per la prima volta in italiano e lo fà con cura, emozionando e addolorando, turbando e commovendo. Malfatti e gli altri cuciono con precisione ed eleganza il pop elettronico e lagunare dell'album intorno a forti emozioni e parole. In questo modo si susseguono le tracce de 'La Stagione Del Cannibale': in un groviglio di stati d'animo difficili da districare. Brani emozionali dalle atmosfere suggestive ed appena sussurrate, accecanti per la luminosità e la lungimiranza dei pensieri dolci e amari come una domenica oziosa al sole di primavera: ('Cos'è La Libertà'). Pezzi che da soli sanno cantare le paure della fine ('I Ritorni'); le nostalgie per i cambiamenti ('senza quasi pensare, diede cose alle cose più preziose e se anche non pianse l'inversione di rotta fu completa'), vive e pulsanti nella splendida 'Se Un Ragazzino Appicca Il Fuoco'; l'ineguatezza di tanti tentativi falliti come nella dolorosa e morbida 'Venti Giorni Di Vita Di Una Donna Famosa' o nella bellissima e riflessiva 'La Stagione Del Cannibale'. O ancora brani che sanno cantare e raccontare, vibrando, di una società inerte che non si muove o di un amore, quello di 'Anno Luce' che resta aggrappato ai ricordi disperati 'di un folle pomeriggio' o 'di una lurida fontana'.

La storia dei due amanti a questo punto diventa solo un pretesto. Un pretesto compositivo per sviscerare l'amore e l'animo umano, la società le sue incertezze e il loro rapporto conflittuale con essa.

Eleganti, pacati, intelligentemente sensibili gli Amor Fou ci regalano un'opera pop di corale bellezza che scende in profondità, sotto la corazza e le maschere di ogni individuo, scavando nel tempo e nella coscienza popolare, fino a penetrare con raffinatezza e grazia lì giù dove la luce muore, dove non può arrivare, dentro, dove tutti si bruciano e dove l'Amor Fou quello folle e quello che è stato, quello dei 'colpi di testa' e delle 'tremende distanze' fà più male.

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