Il sottotitolo di quest'opera, molto semplicemente, è "Tales From The Early Years". Non si tratta dunque di un disco di inediti, ma è una rivisitazione nel "nuovo stile" di vecchie glorie appartenenti ai primi album del gruppo finlandese Amorphis. Motivo di questa manovra, facilmente accusabile di essere puramente commerciale? Il nuovo (per modo di dire, visto il lustro e più di militanza nel gruppo) cantante Tomi Joutsen, con la sua buona voce calda e versatile, ed i maggiori mezzi di cui la band dispone riescono a giustificare un'uscita del genere.
Più o meno in ordine cronologico, i pezzi di questo "Magic & Mayhem" si snodano dal death melodico più canonico della title-track e di "Vulgar Necrolatry", fino alle ben più complesse e significative canzoni tratte dagli album "di mezzo" (Elegy in primis, forse il capolavoro della prima ora).
I pezzi vengono ovviamente proposti con una maggiore qualità di suoni e produzione, non si tratta di semplici remixaggi, ma di nuove esecuzioni che non si distaccano strutturalmente dagli originali; eppure il tutto ha il pregio di non sembrare una forzatura e nel complesso i brani riacquistano una nuova freschezza.
Il metal che si ascolta in quest'ora di musica è decisamente melodico, come da tradizione della band, ovvero un heavy/death che, assieme ad'un aura costante tipicamente settantiana (riff di chitarra old style, tastiere rubate agli Yes, con le dovute proporzioni), puntualmente aggiunge rallentamenti doom mai troppo estremi. Il frontman è decisamente talentuoso, più incisivo del predecessore, e a growl profondi affianca parti in voce pulita, con tono abbastanza basso.
I pezzi meglio riusciti in questa nuova veste sono quelli dotati di più melodia e richiami al rock classico: "Song Of The Troubled One", già immensa in vesti originali, si fregia di arrangiamenti riusciti e di una base melodica di tastiera tipicamente progressiva. Sembra davvero di sentire una band prog-rock d'annata che ha deciso di alzare i volumi, con tanto di wah-wah chitarristici per la gioia degli amanti del vintage (tra cui chi scrive). "Black Winter Day" ha un sapore più doom, con andamento possente e delizie chitarristiche che denotano sia gusto melodico che buona tecnica; da notare l'assolo centrale di tastiera nel quale lo spettro di Yes ed ELP viene fuori neanche troppo velatamente.
"On Rich And Poor" è una canzone heavy metal più canonica e tirata, ed un bel riff barocco in evidenza. L'album termina con il pezzo più conosciuto, la bellissima "My Kantele", canzone capace di mettere d'accordo il metaller più truce con la donzella romantica: un eccezionale ritornello e riuscitissimi assolo di tastiera e chitarra portano ad un finale emozionante. A meno che non si possegga l'edizione speciale, nella quale figura una bonus track piacevole ma nulla più: trattasi della celeberrima "Light My Fire" di Doorsiana memoria, proposta fedelmente dal punto di vista strumentale, e dotata dei consueti growl, qui fouri luogo.
Per chi voglia ascoltare l'album, il consiglio è di non farsi ingannare dalle primissime tracce che non rendono giustizia, nè come stile nè come qualità, al resto dell'opera.
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