Gli Amorphis nel corso degli anni hanno messo a punto una formula compositiva che è quanto di più ricco e variegato si possa trovare oggigiorno in ambito metal: una solida base progressive/death arricchita ora da elementi folk, ora da reminiscenze hard rock e psichedeliche anni '70. Completano il quadro l'uso delle tastiere, che giocano un ruolo decisivo nella creazione dei paesaggi sonori tipici della formazione finlandese, e di strumenti atipici come ad esempio il sitar (ricordate l'inizio di "Better Unborn", la traccia d'apertura del capolavoro "Elegy", datato 1996?). Un suono corposo ed evocativo, quindi, che ha permesso al combo di Helsinki di imporsi nella scena internazionale grazie ad una serie di album azzeccatissimi, alcuni dei quali divenuti col tempo dei veri e propri punti di riferimento per la scena metal attuale (oltre al già menzionato "Elegy", potremmo citare "Eclipse" oppure "Skyforger", tanto per fare due esempi).
Tuttavia, una delle critiche che più frequentemente vengono mosse alla band finnica è quella di produrre album fotocopia, specialmente nell'ultimo periodo. A tal proposito va detto che, effettivamente, non vi sono stati dei grossi stravolgimenti in termini di composizione negli ultimi album (specialmente in episodi come "The Beginning of Times" del 2011 e "Circle" del 2013, dischi forse un po' sottotono rispetto agli standard qualitativi dei Nostri ma comunque assolutamente degni di nota); per contro va detto che gli Amorphis sono stati in realtà protagonisti di un'evoluzione artistica che, col passare del tempo, li ha allontanati dal death/doom sulfureo e decadente di inizio carriera ("The Karelian Isthmus" e "Tales from the Thousand Lakes", per intenderci), arrivando a concepire album estremamente diversi nel suono e nella forma come "Am Universum" (2001) e "Far from the Sun" (2003).
"Queen of Time" è il tredicesimo album in studio della formazione scandinava (quattordicesimo se si include anche "Magic & Mayhem - Tales from the Early Years" del 2010, ovvero una raccolta di vecchi brani ri-registrati e con arrangiamenti leggermente diversi dalle versioni originali). Pubblicato nel maggio del 2018, il disco mostra un certo cambio di rotta rispetto agli ultimi episodi discografici targati Amorphis, grazie ad un uso più massiccio delle orchestrazioni (ad opera di Francesco Ferrini, già in forze nei Fleshgod Apocalypse), che ora giocano un ruolo decisamente più importante che in passato. Il songwriting, inoltre, appare più complesso ed articolato; i brani, come di consueto, alternano momenti più delicati e melodici ad altri più irruenti ed aggressivi, ma proprio quando si pensa di aver capito in che direzione va la canzone, ecco che i Nostri inseriscono una divagazione strumentale o un cambio di tempo che cambia le carte in tavola, rendendo l'ascolto meno prevedibile e rassicurante. Ne è un esempio "Daughter of Hate", che, oltre ad essere caratterizzata da un tempo dispari in netto contrasto col resto dell'album, viene impreziosita dall'assolo di sax di Jørgen Munkeby (frontman dei norvegesi Shining, nota formazione avant-prog), nonchè da un suggestivo spoken word a metà brano recitato in lingua madre da Pekka Kainulainen, noto artista e paroliere finlandese che da lungo tempo collabora con gli Amorphis (è lui, infatti, che scrive la maggior parte dei testi del gruppo).
Brani come l'iniziale "The Bee" e "We Accursed", per contro, si riallacciano al passato più recente della formazione nordica, proponendo un assalto death/prog epico ed incalzante come tradizione vuole. Tuttavia, a fare la differenza è proprio quella venatura sinfonica ed orchestrale menzionata poc'anzi, che contribuisce ad accentuare l'atmosfera surreale ed epica delle canzoni, presentandoci degli Amorphis molto più enfatici e sopra le righe rispetto al recente passato.
Non mancano brani più orecchiabili e radiofonici (sì, lo so, dovrei scrivere "più catchy", ma per una volta vorrei risparmiarvi l'anglicismo di turno): è il caso di "Wrong Direction", scelta non a caso come singolo per il lancio dell'album, e "Amongst Stars", che vede il contributo vocale di Anneke van Giersbergen, ex-cantante degli storici The Gathering.
Tirando le somme, "Queen of Time" potrebbe essere il disco con cui gli Amorphis potranno mettere a tacere, una volta per tutte, chi li accusava di immobilismo sonoro. Certo, il marchio di fabbrica dei finlandesi è sempre riconoscibile; tuttavia i Nostri hanno dimostrato, a sto giro, di avere ancora molto da dire, nonchè di voler sperimentare strade musicali un po' diverse dal solito. Cosa non da poco, tenendo conto che stiamo parlando di una formazione in giro da 30 anni. Una ventata d'aria fresca, insomma, che potrebbe riaccendere gli animi di chi li dava per persi. E il più recente "Halo" (uscito nel febbraio di quest'anno) sembra aver confermato l'ottimo stato di salute della band di Helsinki.
E a noi va bene così.
Carico i commenti... con calma