Affascinante, ribelle, amante delle droghe e degli alcolici. No, non è il ritratto di una punk rocker che urla con voce roca la sua rabbia al mondo intero. È piuttosto una cantante soul con una voce splendida e con uno stile di vita da punk rocker.

Amy Winehouse nasce in Inghilterra da una famiglia di musicisti jazz e trascorre la sua adolescenza nel quartiere Southgate di Londra. Cresce ascoltando svariati generi musicali e a tredici anni riceve in regalo la sua prima chitarra. All'età di sedici anni debutta come cantante professionista per la Island/Universal. Già a partire dal 2004 la critica si accorge di lei, concedendole recensioni lusinghiere a cui però non corrispondono delle vendite altrettanto importanti.

A distanza di due anni, dopo un periodo di depressione dovuta probabilmente all'abuso di droga e a disordini alimentari, torna sulla scena con molti chili di meno, con molti tatuaggi in più e con un nuovo album destinato stavolta a conquistare anche il pubblico, oltre che la critica.

"Back to Black". Undici tracce che spaziano dalle atmosfere anni cinquanta che rivivono in "Me And Mr. Jones" e "Wake Up Alone" alle ballate come "Love Is a Losing Game" (davvero bella) e ad alcune incursioni black (come suggerisce il titolo dell'album). Una miscela di brani Jazz, Blues, R & B e Soul scritti e interpretati da una delle voci più sensuali che mi sia capitato di ascoltare negli ultimi anni.

Il risultato finale è piacevolissimo, un disco che non annoia mai e che si dimostra incredibilmente originale nonostante i numerosi richiami ai suoi "maestri". Questo "Back to Black" suonerebbe attuale nei grammofoni degli anni cinquanta, ma suona altrettanto attuale nei lettori cd del duemilasette in cui la pulizia sonora spazza via fruscii e scoppiettii e in cui i versi allusivi cedono il posto a testi più espliciti. Alcune canzoni sono talmente riuscite che risultano immediatamente familiari tanto che si è portati a chiedersi: "Ma dove l'ho già sentita questa?"

Oltre a rimanere piacevolmente sorpresi della qualità dei brani si rimane anche disorientati a scoprire che questa splendida voce dal timbro leggermente gutturale non appartiene a una grossa cantante di colore bensì a una esile ragazza di 24 anni di origini ebree.

Probabilmente non sarà uno di quei dischi di cui ci ricorderemo per sempre, sta di fatto che è impossibile restare indifferenti davanti a un prodotto di qualità come questo, specie in un' epoca in cui conta solo l'immagine (ne sanno qualcosa parecchie sue colleghe).

Questa ragazza classe ‘83 ha puntato sul suo talento ed ha avuto ragione.

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