Gli An Autumn for Crippled Children avevano già deliziato il pubblico dell’undergound estremo con “Lost”, pubblicato qualche anno fa; album d’esordio nero e psicotico, tanto esasperato quanto elegante. Ora sono tornati sotto una nuova veste con “Everything”, un nuovo capitolo per questi olandesi che a quanto pare non amano ripetersi.
Mettendo a confronto “Lost” ed “Everything” è impossibile non notare un cambiamento sostanziale nella scelta dei suoni: catacombale e oscuro il primo, aperto e lucente il secondo, profondamente influenzato da sonorità chiaramente Post Rock, che, a quanto pare, nell’ultimo periodo sono di gran moda tra le band Black Metal più moderniste e sentimentali. Inutile dire che questa formula stilistica ha fatto la fortuna di tante band, prima su tutte gli Alcest che con il loro repertorio di bambine innocenti, visi immacolati, acque cristalline e giovani romantici hanno sicuramente riscosso un successo planetario soprattutto tra teenager depressi e finti intellettuali.
Discorso a parte va fatto per gli An Autumn for Crippled Children, nonostante i suoni di quest’album giustifichino pienamente il color bianco della copertina, nella loro musica è presente una dose di decadente putridume e deviazione mentale che nemmeno un suono così luminoso riesce a cancellare! Ascoltare questi olandesi è come fare un viaggio tra i corridoi di un manicomio di inizio secolo, la facciata è elegante, come una sontuosa villa, ma è nelle stanze dei malati e nei sotterranei che risiede la vera anima del manicomio fatta di sofferenza e deviazione, tortura e crudeltà, esattamente come “Everything”, luminoso in facciata e terribilmente oscuro all’interno.
Questo è un album molto complesso, molto più di quanto non appaia al primo ascolto, necessita di molto tempo per essere compreso ed assimilato.
Un album ostico, ma tremendamente ben fatto, tanto di cappello!
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