Un fenomeno.
Una grande voce.
Un bellissimo disco.
Nel 2000 ormai le reti musicali italiane per trasmettere buona musica devono fare ricorso ai vecchi successi dei cantanti nostrani perché trovare articoli di buon livello tra le ultime novità è difficile. E negli Stati Uniti le cose non vanno molto diversamente. Certo nella scena del pop mondiale compaiono i dischi di Jennifer Lopez, il terzo album delle Spice Girls, MA comunque si parla di artisti già affermati da qualche anno. Perché "MA"? Perché purtroppo allo stesso tempo sta andando molto di moda (o forse è sempre stato così) il "lancio" di volti e voci nuove nel mercato musicale; così, tanto perché il nuovo fa parlare più del vecchio. In questa folle corsa verso non si sa bene che cosa, nascono e muoiono "meteore artistiche" (se artistiche le vogliamo chiamare) che spaziano fra i più svariati generi, e che naturalmente, avendo ben poco di originale e di qualità, sono destinate a vita breve. In un miscuglio di rapper ignobili e hip-hop poco proponibili dalle terre di oltreoceano spunta una grande interprete vocale.
Il suo primo album è questo "Not that kind". Già nel titolo Anastacia sembra voler distinguersi dal resto della massa. La sua musica è molto radicata nelle radici a stelle strisce, e ciò si può dedurre da diverse contaminazioni che appaiono nel disco. Lei è una bianca con la voce di nera. Qualche malelingua potrebbe dire che si tratti di una falsa e ridicola imitazione. A costoro si risponde con una risposta duplice. Innanzitutto è il risultato che conta. Ascoltando l'album il risultato sembra più che raggiunto. In secondo luogo Anastacia è cresciuta ascoltando la musica delle cantanti di colore e si sa cosa accade ad un'artista che dalla musica è capace di carpire l'anima, le sfumature. Ma Anastacia è qualcosa in più. Proprio il fatto di non essere nera la porta ad un modo di cantare che si fonde con uno stile più "bianco" del pop americano. I suoi brani allora sono un misto di ballate e di "groove neri", di musica di influenze funky e sapori rock. Il primo brano del primo disco di Anastacia è quello che dà il nome all'opera. Probabilmente è il migliore che la bionda ci abbia regalato. E' molto "tirato", farebbe muovere anche i muri col suo stile tendente al funky. Sono carine le sfuriate del chitarrista che si sentono in sottofondo. Credo che il 95% degli ascoltatori non le abbia mai notate. Io stesso solo per caso un giorno in macchina mi sono accorto di questi trentaduesimi fatti con un crunch bello potente (2:27 e 2:34). Sono una bella chicca per l'ascoltatore chitarrista e senz'altro non è un caso che il produttore abbia deciso di far passare una proposta che nel pop (e non solo) risulta azzardata.
"I'm outta love" è il singolo di lancio. Molto ritmato anch'esso, è introdotto da una tastiera soul-jazz e una chitarra che sembrano uscite da un vinile impolverato. Quando inizia il groove poi il pezzo entra in una corsa irrefrenabile interrotta solo quando gli strumenti decidono di ammutolirsi per lasciare spazio alla sola ritmica di batteria e poi rientrare energici dopo poche battute. Il video è studiatissimo e si vede. Pieno di colori e di giochi di luce, è ambientato in un locale in cui Anastacia canta il suo pezzo in una splendida forma (capisce a mme). Anche per chi, come me, non conosce bene l'inglese, il messaggio è chiaro. La storia d'amore dalla quale la protagonista è uscita sconfitta è stato un modo per farle capire che a questo punto è impossibile che qualcuno le possa impedire di godersi la vita. Nel terzo brano conosciamo la prima ballata. "Cowboys and kisses". I testi di Anastacia sono simili fra loro. Hanno un marchio, uno stile tutto loro. Basta parlare di parole però e parliamo di musica. Il brano in questione è molto incisivo e illustra una bella caratteristica della cantautrice: la sua grinta che riesce a colpire nei brani lenti quanto in quelli veloci. Grazie anche al lavoro splendido degli strumentisti, i pezzi con un metronomo a basso b.p.m. non suonano mai noiosi o ripetitivi e sono interessanti quanto quelli ritmati. Gli arrangiamenti sono fatti ad arte. "Who's gonna stop the rain" ne è un buon esempio. Ed è un buon esempio per notare la bellezza dei vocalizzi, la precisione nelle note, la varietà di timbri e dinamiche di una voce che più che al disco di esordio sembra essere arrivata al sunto di un greatest hits. Siamo al quinto pezzo e si riaprono le danze. "Love is alive" ha la freschezza di un pezzo da spiaggia. Ma forse sarebbe giusto precisare che ce l'hanno un po' tutti i brani di Anastacia, essendo carichi di allegria ed energia.
"I ask of you" è la classica ballata americana al femminile. Un pezzo che potrebbe benissimo far pensare ad una Whitney o ad una Mariah. Ovvio che Anastacia non sfigura minimamente nel confronto con le sue mitiche colleghe. "Wishing well" è un altro brano molto più "bianco" che "nero" e presenta una delle caratteristiche che fa questa differenza anche in molti altri pezzi: gli strumming di chitarra acustica. Ci ricordano che l'influenza della musica black nella musica di Anastacia deve fare i conti con forti influenze con origini più europee che africane. "Made for lovin' you" fu il quarto singolo (il terzo era stato "Cowboys and kisses"). Il titolo fa presagire ad una ballata, ma si tratta invece di un pezzo più movimentato, un misto tra atmosfere rock e disco anni 70. Chi conosce le atmosfere di "Pilgrim", l'album di Eric Clapton? "Black roses" le richiama molto col suo mid-tempo semielettronico e le chitarre molto simili nello stile e nei suoni a quelle di "slowhand". Un'altra menzione: la successiva e simpatica "Yo trippin'" sembra un pezzo delle Spice Girls dei primi due album. Questi richiami non vogliono essere note di critica, piuttosto sottolineano la varietà della musica di questo fantastico album. Il brano in questione ha oltretutto un ritornello orecchiabilissimo e trascinante. Troviamo una ballata invece in "Just one more chance" caratterizzata da stop di ritmica e di voci incisivi. "Not that kind" si chiude con un altro pezzo a velocità moderata che però si discosta abbastanza dagli altri, soprattutto nell'approccio della voce di Anastacia. Lo stile si adatta molto ad un brano di chiusura: un ritornello con cori ad libitum sui quali Anastacia si dà a fraseggi improvvisati.
Un'Anastacia che ci ha regalato un disco che non cala mai di livello. Una voce fresca, aggressiva, graffiante, sensuale, che pur se massiccia riesce ad incastrarsi finemente in qualunque stretto meandro nel paesaggio delle note della sua musica.
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