"Canopy Glow" è uno di quegli album che gli ascolti e non ti dicono un bel niente; ti trasferiscono solo un senso di pace interna. Ed è proprio grazie a questo senso che il giorno dopo vai di nuovo ad ascoltarli, e così al secondo o terzo giro te ne sei innamorato. Perché? In questo caso sia perché è rilassante; sia perché, sul piano prettamente musicale, sentire una miriade di strumenti e suoni messi insieme così dolcemente è alquanto affascinante.

Un mix eccelso quello degli Anathallo: si va dal chamber pop alla folktronica, passando per l'indie-prog firmato Canada, per la wave e per il cantautorato di Michigan (si potrebbe pensare subito a band come The Most Serene Republic, Architecture in Helsinki, Mùm, Sufjan Stevens). Il tutto fiancheggiato da cori, archi, fiati, tintinnii, doppia voce e percussioni trascinanti; immancabile la base pienamente orchestrale. È musica intima e bisbigliata quella  di "Canopy Glow", che crea un clima molto sixties.

L'album si compone di brani dalla struttura strozzata ed irregolare che a volte raggiunge l'estasi gioiosa ("Nonis Field", "All The First Pages"), e che altre volte ci lascia pensierosi con la sua quasi oscurità orchestrale ("Cafetorium", "Sleeping Torpor"). Altri brani come "The River", "John J. Audubon" e "Bells" si presentano con la classica coralità. Ma si incombe anche nell'atmosfera più tranquilla e silenziosa ("Northern Lights", "Tower Of Label").

"Canopy Glow" è davvero tanto, ma è anche, semplicemente, solo un mosaico composto da svariati piccoli pezzi, che una volta messi insieme trasferiscono la loro gioia; gioia però in cui non si balla affatto. Si contempla silenziosamente.

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