C'è un non so cosa in quest'album che ti rende etereo, inarrivabile. Ti mette in quello stato di benessere che è difficile da descrivere. Per essere banali ti porta al settimo cielo. E' altresi vero che in alcuni passaggi ti riporta con i piedi a terra, ma non smette mai di farti sognare. Signore e signori questa è l'arte. Signore e signori questi sono gli Anathema.
Ricordando che questo è lo zenit a cui il gruppo è arrivato tutt'oggi, in quest'album è insita l'espressione più poetica della loro musica e non solo. Il loro drastico cambiamento da rude band di stampo doom metal a menestrelli dal vago sentore metal, ha centrato in pieno l'obiettivo.
Calde note introducono "Shroud of false" che dopo qualche sussurro sulla nostra esistenza si apre in un riff che si infrange e si perde in un eco. "Fragile Dreams" ha un inizio melodico che cresce e sfocia in un poderoso riff di chitarre per tornare lenta durante le strofe e violenta nel ritornello. Una canzone che ricorda molto da vicino i finlandesi Sentenced nel loro migliore album "Crimson". Un aggettivo per "Empty" sarebbe ipnotica col suo disperato messaggio espresso incredibilmente nella maniera più umana possibile. La voce di Vincent Cavanagh è molto calda e riesce ad essere plasmata in mille maniere.
Si passa dalla disperazione al comfort, dallo sconcerto alla tranquillità. "Lost control" ci costringe ad ascoltare il tormentato epilogo di un uomo giunto ormai alla fine in una melodia che ricorda molto i Pink Floyd di "The final cut". Ed è proprio questa sensazione che aleggia nell'aria. Sembra di trovarsi ad un lavoro completamente indipendente, ma continuamente ispirato dall'album sopracitato dei Floyd. Non a caso, come una delle bonus track della versione del 2003, viene anche riproposta la cover di una "Your possible past" che non sfigura con l'originale se non per una prestazione vocale sottotono. Le altre tracce sono la irrequieta "Re-connect", la melodia pulsante di "Inner silence" (compresa di battito cardiaco simulato nel finale), la sinistra "Alternative 4", la composta "Regret", la bella e poetica "Feel" che incita il ritorno alla vita e dulcis in fundo la magica "Destiny" che conclude l'opera in maniera pacata...nella maniera migliore.
Nell'edizione che posseggo datata 2003, ricordando che l'album è stato registrato nel 1998, sono presenti 4 (alternative?) bonustracks di cui vorrei segnalare la stupenda "Better off dead" che si avvale dell'aiuto di una voce femminile (a me sconosciuta...se qualcuno la conosce può scrivermelo nei commenti, grazie) e che si chiude nel naturale epilogo di "Goodbye cruel world": un nome, un programma.
Direi che i quattro ex-metallari di Liverpool hanno fatto proprio centro grazie alla bravura dei fratelli Cavanagh e ai bellissimi testi di Duncan Patterson, coadiuvato dai due di cui sopra. Il booklet è bello semplice che emana luce bianca e pura, con uno strano e inquietante angelo in copertina.
Da avere assolutamente. Un album eterno.
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