Ormai qualche tempo fa due rilevanti personalità del mondo Prog si sono incontrate ed hanno deciso di collaborare producendo un album sinergico. Stiamo parlando di Jon Anderson (voce classica degli Yes, oltre che autore di buoni dischi solisti e di collaborazioni con nientepopodimeno che Vangelis...se non sapete chi è dovete rimediare!) e di Roine Stolt, leader degli svedesi The Flower Kings (oltre che membro del supergruppo Transatlantic e autore di una buona selezione di album a proprio nome).

Di Jon Anderson c'è ben poco da dire, il suo timbro vocale è talmente unico e particolare da renderlo riconoscibile al primo ascolto, così come il suo afflato lirico ed il suo approccio al cantato (in un certo senso a lui si deve l'aura New Age di certe composizioni degli Yes). La sua voce può piacere o meno, non c'è dubbio, ma il fascino che vi si associa non si può discuterlo. E Roine Stolt? Probabilmente non gode della stessa notorietà benchè non sia uno sconosciuto e l'abbondante discografia dei Flower Kings dimostra la sua straripante creatività (ovviamente coadiuvato da compagni di grande talento). Stolt è principalmente chitarrista, caratterizzato da uno stile piuttosto caldo e pastoso, a volte jazzato, mentre vocalmente possiede un timbro piuttosto personale, ma forse non eccessivamente incisivo.

Fatta questa necessaria precisazione, a che cosa ci troviamo davanti? "Invention Of Knowledge" oltre ad una bellissima copertina, offre un'ora e un quarto di musica, con pezzi di lunghezza non eccessiva, di buona fattura certamente, ma ... il baricentro del disco pende un po' troppo dalla parte di Anderson e non potrebbe essere diversamente vista la caratura della personalità artistica del cantante. Questo però finisce per soffocare l'apporto dello svedese che riesce ad alzare la testa solo nei momenti di quiete, durante i quali prende le redini e trova spazio per la sua chitarra.

Mi trovo in difficoltà a fare una presentazione delle singole canzoni, perchè, nel bene o nel male, se siete conoscitori del biondo inglese, saprete più o meno già cosa troveranno le vostre orecchie. Forse il mio commento potrebbe sembrare in qualche modo negativo, ma non vuole esserlo, o meglio, penso che questa collaborazione sia una sorta di occasione parzialmente mancata, forse si sarebbe potuto avere un disco più interessante se Anderson si fosse trattenuto un po' ed avesse lasciato più spazio a Stolt (mi immagino però che lo svedese, trovandosi accanto cotanta leggenda, non abbia avuto altro che ammirazione incondizionata, ci sta).

Se siete amanti degli Yes, troverete un disco decisamente più sobrio a livello strumentale, ma con ampi spazi dedicati alla "visione" andersoniana. Se siete fan dei Flower Kings, invece...non troverete quasi nulla della band scandinava, se non brevissimi frangenti qua e là.

In sintesi, si tratta di un album complessivamente buono (e vorrei vedere, visti gli autori), ma che avrebbe forse potuto essere migliore se fosse stato più coraggioso.

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