Metamorfosi.
Questa sembra essere la parola chiave che ha segnato da sempre la carriera di Andrea Chimenti. Una carriera ricca, appunto, di colpi di scena e caratterizzata da un continuo mettersi in discussione che con il passare degli anni lo ha portato a passare da "caso" musicale di inizio anni '80 (con conseguente corteggiamento da parte dei produttori) a icona della musica indipendente italiana venticinque anni dopo. I tre gruppi che governavano la scena dark-new wave nella prima metà degli '80 erano tutti fiorentini: i Litfiba, i Diaframma e i Moda. Andrea Chimenti era il cantante di quest'ultima formazione, e la sua vocazione di persona refrattaria alle tendenze del momento e alle lusinghe del vile denaro lo conducono alla scelta di una carriera solista che si rivelerà a dir poco "coraggiosa", ma che conoscerà dei picchi qualitativi assolutamente indimenticabili, come il duetto con David Sylvian per il brano "Ti ho aspettato (I have waited for you)".
"Vietato morire" rappresenta ormai il settimo capitolo solista di questo cantore d'altri tempi, tanto amato dalla sua nicchia di ascoltatori fedelissimi quanto snobbato in maniera quasi indisponente dalle majors e dal pubblico.
Del resto, per chi non è predisposto ai sogni e ad avere una minima familiarità col pentagramma questo lavoro potrebbe risultare troppo "ostico" a causa del minimalismo che si respira per tutta la sua durata e per le pause in cui sembra quasi che l'autore voglia concedere ampi attimi all'ascoltatore per sentire come il proprio respiro si sposi a meraviglia con le note profuse come incenso in una notte assolutamente priva di vento.
Un disco in cui si parla essenzialmente di amore, ma in cui a parlare di amore non è un teenager con parecchio gel in testa che racconta di perizomi leopardati e di gasolina, ma un discreto signore quasi di mezza età che sembra davvero averne viste di cotte e di crude nella sua vita e che descrive la disillusione e il vivere alla giornata tipico - attenzione - non dei vinti ma di chi ha scelto dal primo giorno di camminare tutta la vita coi propri piedi e che a 45 anni può dire di non dovere dire grazie a nessuno.
Un disco nato altresì in circostanze che niente hanno a che fare con i metodi di registrazione del terzo millennio. Andrea Chimenti e i suoi fedelissimi Massimo Fantoni e Matteo Buzzanca hanno scelto una casa colonica lontana dalla civiltà, nel bel mezzo della provincia di Siena, e hanno trascorso due mesi di autentica "clausura" in cui sono nate le dodici tracce che compongono "Vietato morire". A turno ricevevano le visite dei musicisti che hanno collaborato alla realizzazione di tali brani, uno fra tutti Steve Jansen, ex batterista dei Japan nonchè fratello di sangue di David Sylvian; ma da non tralasciare le performances di Gianni Maroccolo al basso e di una eterea Patrizia Laquidara.
Una volta scelta la location, sono state altresì sfruttate tutte le agevolazioni acustiche che questa casa colonica involontariamente offriva (un pianoforte, ad esempio, è stato sistemato nel mezzo di una tromba di scale). Era quasi inevitabile che tutto il lavoro si circondasse di un'aura magica che trasuda continuamente durante l'ascolto.
A rendere ancora più distante questo disco dalle classifiche (vista la qualità di ciò che si ascolta in giro, sta diventando sempre di più un merito) ci pensa anche la scelta di strumenti atipici per la musica italiana di oggigiorno (contrabbasso, vibrafono, tabla, ance, corno) che di contro lo rendono maggiormente unico.
Poco da aggiungere, quindi. Semplicemente un disco che non può mancare nella playlist di chi non ha mai creduto che i sogni sono destinati a rimanere tali.
Minuti di musica in cui perdersi per non perdersi.
Brano migliore: Oceano.
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