Penso di avere un serio problema con la musica italiana. Un po' meno con quella passata, molto, direi moltissimo con tutto quello pubblicato negli ultimi venti anni.

Non c'è un motivo reale che mi allontani dalla musica italiana, è probabilmente una mia tara mentale. Ho iniziato a sentire musica fin da piccolo, e da quando ho avuto capacità di scegliere, ho sempre ascoltato musica in inglese (fu molto utile per imparare la lingua). In pratica condanno l'italica musica ma non la conosco se non di sfuggita (anche perchè non sento la radio da più di venti anni) Per quanto riguarda lo pseudo underground italiano degli ultimi 10 anni, penso di aver sentito 30 secondi di I Cani e Calcutta, e ancora ne porto i segni.

Premessa fatta per mettere clamorosamente le mani avanti, come si suol dire, perchè nell'ultimo mese si è fatto prepontentemente largo fra il mare di dischi vecchi e nuovi in ascolto, questo tizio torinese che sembra Frank Zappa. Non conoscendo niente del panorama attuale italiano, non so se la mia sia una cantonata o una esaltazione dovuta all'ignoranza dell'ambito, ma raramente mi è capitato di essere così risucchiato da un disco lungo (siamo sugli 80 minuti per dodici tracce) con canzoni anche da 12 minuti, pieno di arrangiamenti complessi e soprattutto con uno che canta di amore, dolori e politica senza troppi fronzoli. Ci vuole coraggio, nel 2017 a cantare a squarciagola “Ti Amo, Amore” come su “Meglio”, ma Andrea lo fa e sembra l'unica cosa giusta da cantare.

Musicalmente siamo in una cuspide interessante fra cantautorato italiano (Battisti e Battiato dei '70) e rock anglosassone di varia estrazione (a sentimento direi I Mercury Rev di “Deserter Song”ma anche un po' prima, I Flaming Lips chitarristici, I Radiohead post Kid A, I Beatles e qualcosa di psych sixties americano).

Difficile scegliere un brano, li ho già mandati tutti a memoria, per cui ogni mio giudizio è clamorosamente offuscato dal tifo che mi anima. Dall'intro politica di “Gli uomini hanno fame” che sublima una ritmica sintetico analogica fine '70, passando per la poesia alla Arthur Lee di “Fiore Mio”, o la metamorfosi quasi disco di “Eterno Riposo”. E su tutto la differenza la fanno i dettagli: la linea melodica discendente del piano in “Meglio”, il crescendo di cori e handclaps sullo sfondo della bellissima “Solo un uomo” o infine il furore rumorista alla fine dell'epica “Vieni a salvarmi”. Personalmente l'apice, emotivo e musicale, lo si raggiunge nella dichiarazione d'amore verso nessuno di “Sogno l'amore”, uno di quei brani capace di riportarvi al nucleo stesso dei vostri sentimenti, dove non ci sono barriere, ma solo lo specchio di noi stessi con cui fare I conti, che lo si voglia o no.

Probabile disco dell'anno, di sicuro del cuore.

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