Ecco un vero caposaldo della letteratura per immagini.

Il "Punto Zenith" del fumetto italiano. Da qui in poi il Fumetto comunemente inteso (storie lineari che raccontano di avventure o di argomenti per ragazzi) non sarà più lo stesso.

Pentothal (Milano Libri Edizioni) è l’opera prima (per certi versi ancora acerba e incostante) di un Andrea Pazienza giovanissimo e già disincantato, che racconta i suoi sogni, le illusioni e le contraddizioni in un contesto come il movimento politico del ’77 di una Bologna allora politicamente molto attiva e in perenne fermento.

La presenza della politica è sempre latente tra le tavole destrutturate, scomposte e disallineate di un autore già tormentato da mille domande e poche risposte. Sembra non esserci più una regola in queste tavole innovative dove si respira un’aria di “Libera Anarchia” senza schemi o limitazioni di sorta.

Il disegno segue anch'esso questo principio di fondo: parte waltdisneyano, diventa sofferto, adulto, si intravvedono qui e là echi dell’Urlo di Munch, citazioni del Mantenga, suggestioni di Andy Wharol, retinature puntinate alla Roy Lichtenstein, tratteggi ariosi sul modello di Moebius, passando dal sacro al profano in pochi centimetri quadri per poi ritornare giocoso con un tratto buffo e comico, fregandosene di coerenza stilistica o unitarietà: un disegno che si fa semplicemente portavoce dello dello stato d’animo dell’Autore, cogliendone ogni sfumatura e trasmutandola in tratto, segno, grafismo, immagine.

Il protagonista per altro è un se stesso calato in un personaggio che si muove e vive tra manifestazioni, cortei, lotte politicizzate ibframmentate a dimensioni onoriche auto referenziali a volte imbarazzanti.

C’è molta schiettezza e sincerità nel lavoro di Pazienza, sempre pronto a renderci partecipe dei suoi pensieri, le sue paranoie e le mille contraddizioni che lo sovrastano.

In Pentothal, dicevamo, le "regole" sono ridotte ai minimi termini: è un tripudio di linguaggi nuovi, slang, onomatopee, parole inesistenti, sgrammaticazioni volute e spesso inseguite. Le singole vignette poi, è come se non stessero mai ferme nella pagina. Come se danzassero con l'intento preciso di depistare continuamente il lettore. Si collocano così decentrate, a volte piccole e a volte ci sovrastano con pagine intere completamente ricoperte di segni.

Pentothal ha la forza comunicativa dirompente di un ragazzo poco più che 20enne che aveva il fuoco addosso e un mondo interiore folle, visionario e geniale, pronto ad esplodere da un momento all’altro.

Questo fumetto fu una rivoluzione culturale dirompente che incantò perfino Umberto Eco e che convinse Oreste Del Buono, allora direttore di Linus, a pubblicare queste pagine inedite credendo per primo alla genialità di quel ragazzo che, negli anni a seguire, ci regalerà capolavori indiscussi come “Zanardi” e “Pompeo”(già recensito da me).

Un trip allucinogeno prima che un fumetto.

Un resoconto di quegli "anni di piombo" scritto e disegnato in forma onirica e sconvolgente.

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