Correva l’anno di grazia 1969… le stagioni dell’Amore-Pace-San Francisco sembravano ormai lontane secoli. I Beatles erano arrivati al capolinea, insieme al decennio che li aveva consacrati come il fenomeno sociale e musicale più importante; i sogni di un mondo migliore venivano spazzati via dagli idranti e dai manganelli della polizia nelle piazze di tutto il mondo divenendo incubi di un futuro duro e cupo. L’attenzione dei nuovi giovani si era già spostata su sonorità più ruvide, crude ed intransigenti, e gruppi come Deep Purple e Led Zeppelin stavano già rivoluzionando il mondo musicale con il loro hard rock, che segnerà indelebilmente il decennio di lì a venire. Ma siamo ancora nel 1969… e se al di là dell’oceano l’attenzione veniva spostata sulle nuove sonorità prodotte da band come MC5 e The Stooges, grazie alle quali Detroit si guadagnava l’appellativo di Rock City, l’Inghilterra rispondeva con altrettanto vigore, ed accanto ai futuri mostri sacri già citati fiorivano nuove realtà che spesso avevano la fortuna di vivere solamente un paio di stagioni (o di lavori) per poi sparire nell’oblio delle pieghe della storia.

John DuCann è uno di questi protagonisti.

Terminata nel 1968 l’avventura psichedelico/mod degli Attack, insieme al vocalist Richard Sherman, da vita al progetto Andromeda, reclutando il bassista Roger Dean ed il batterista Keith Hodge. Ma dopo solo poche settimane DuCann viene abbandonato dai suoi compagni e quindi decide di continuare il progetto come trio, con Mick Hawkworth al basso e seconda voce e Ian McLaine alle percussioni. Vengono invitati al programma “Top Gear” di John Peel e la loro esibizione gli permette di avere la possibilità di firmare un contratto con la major RCA Records, per la quale licenziano il singolo “Go Your Way/Keep Out ‘Cos I’m Dying” (RCA 1865) subito seguito dall’ album “Andromeda” (RCA SF 8031) che conteneva nella sua versione originale 8 brani originali, di cui tre divisi in 3 parti (vezzo della nascente scena progressiva, alla quale vengono spesso accostati) e di una durata superiore ai 6 minuti (cosa non ancora comune nella giovane storia del rock). Nonostante un’ottima critica, il successo commerciale non giunge, e così nel 1970 la band si scioglie, quando DuCann accetta di entrare a far parte degli Atomic Rooster.

Un minuto e mezzo di esercizio di stile e puro furore ci introducono nei meandri di “Andromeda”, salvo poi svilupparsi in uno dei pezzi hard blues più elettrizzanti mai sentiti… “Too Old” è l’urgenza di esprimere la rabbia di una generazione che sente la terra franargli sotto i piedi. In questo pezzo DuCann e soci prendono i loro padri putativi Cream e Jimi Hendrix Experience e li scolpiscono nel granito, fondono i loro insegnamenti con il piombo e l’acciaio. “Days Of The Change” ci mostra la band nel suo lato progressivo. Un’altalena di emozioni che sottolinea perfettamente il nuovo modo di concepire il rock in maniera più “classica” rispetto a tutto ciò che usciva all’epoca (il masterpiece del progressive inglese "In The Court Of Crimson King" è coevo ad “Andromeda”), rimanendo però il suono duro e crudo. Il terzo pezzo dell’ album è una vera sorpresa, una chitarra slide, che gira per feste hawaiane sulla spiaggia all’ imbrunire duetta con la voce da crooner di DuCann, morbida e pulita in “And Now The Sun Shines” salvo poi ritornare ruvida ed abrasiva per il primo episodio in tre atti “Turns To Dust” (1 “Discovery”, 2 “Sanctury” e 3 “Determination”), esercizio ancora prog ma con una folgorante attitudine glam, tanto da far impallidire tutte le super stars del genere nei settanta (Queen…). La tecnica dei musicisti della band li supporta in maniera indescrivibile, ed esempio ne è il successivo capitolo, anch’esso in 3 atti “Return To Sanity” (1 “Breakdown”, 2 “Hope” e 3 “Conclusion”) che si apre con una marcetta funebre che deve aver avuto più di un qualche effetto sulla copia Iommi/Osbourne che di lì a qualche mese ne pubblicherà un paio nell’esordio Black Sabbath. Struggente la melodia elaborata nell’incedere del pezzo, tanto che mi piacerebbe chiedere a Page o a Plant se abbia avuto influenza sulla loro “Stairway To Heaven” anche se il finale power è più da rock sudista che da english hard blues. “The Reason” è l’unico brano a firma Hawksworth e non sfigura certo rispetto ai lavori del leader, anche se forse risente maggiormente dell’influenza Hendrixiana (che va peraltro detto aleggia un po’ su tutto il lavoro). “I Can Stop The Sun” sono 2 minuti e dieci secondi di ecumenismo flower in puro stile San Francisco nella stagione dell’acido che ci traghetta all’ultimo episodio “When To Stop” anche questo suddiviso in 3 atti (1 “The Traveller”, 2 “Turning Point” e 3 “Journey’s End”). Questi 8 minuti e mezzo sono la dimostrazione che Andromeda erano un progetto (più che un vero e proprio gruppo) completamente al di fuori di tutto ciò che li circondava… hard rock costruito su strutture jazz che si sviluppano in una furibonda cavalcata power e terminano con una chitarra “flamenca” per un finale quasi classico. Incredibile.

L’ottima ristampa della tedesca Repertoire Records del 1994 contiene ben otto bonus tracks, tra cui il lato A ed il lato B del singolo d’esordio sopracitato (bellissima la title track) una versione alternativa di “Journey’s End” e ben cinque inediti…  “Garden Of Happiness”, “Exodus”, “Let’ s All Watch The Sky Fall Down”, “Darkness Of Her Room” e “See Into The Stars” che forse non spostano il giudizio complessivo sul terzetto, ma sono un gran bel regalo per chiunque abbia apprezzato le tracce dell’ ellepi.

Correva l’anno di grazia 1970… la giovane storia del rock entrava nel suo decennio oscuro e “pesante” triturando tutto ciò che gli capitava sotto tiro, i Beatles annunciavano lo scioglimento e John DuCann portava le sue visioni in un’altra avventura, ma solo dopo averci regalato questo piccolo grande capolavoro

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