Nel 2008 gli Andromeda rilasciarono il loro nuovo album, "The Immunity Zone". Non fui troppo entusiasta perché temevo che la progressive metal band svedese, come altre band, si sarebbe commercializzata. Ma, già dal primo ascolto, notai parecchie somiglianze a "II=I" e un allontanamento a "Chimera"; questo fatto lo presi benissimo, a patto che il prossimo album sarà più o meno come "Extension Of The Wish" o come lo stesso "Chimera".

L'introduzione della prima canzone dell'album, "Recognizing Fate", è in stile Megadeth, proponendo le parti più oscure di "II=I", grazie alle tastiere che si accoppiano a pesanti distorsioni di chitarra. A metà canzone il ritmo cala con arpeggi e tastiere più dolci e con una batteria che si fa notare moltissimo. La conclusione è affidata alla tastiera. "Slaves of the Plethora Season" parte subito con chitarre, tastiera e batteria per poi lasciare spazio a una voce piuttosto aggressiva. "Ghosts on Retinas" è un brano più dolce rispetto ai precedenti, con confortanti arpeggi, ma con tastiere molto cupe. Finora non ci sono parti strumentali, ma con "Censoring Truth" gli Andromeda si rifanno: introduzione con chitarre aggressive, tastiera stile Dream Theater. Scopriamo quindi che è un brano vario, con molti cambiamenti di ritmo e di musica. Dopo 4:30 ci sono gli assoli di chitarra (non bene riuscito) e di tastiera (lunghetto e ottimo), dopodichè a un momento piuttosto calmo si succede la parte più dura della canzone, la parte finale. "Worst Enemy" incomincia con un ritmo lento e sognante, ma poi si rivela una canzone dinamica; il ritornello è davvero originale. Dopo parte una piccola parte strumentale, ben riuscita. La terza parte della canzone è la più bella: il gruppo riesce a mescolare una voce soave con chitarra e batteria dure. Dopo le due tracce precedenti che riportano la band ai canoni strumentali del prog-metal, “My Star” è una canzone che esce fuori da questi canoni, che ha buoni accennni di pesantezza, ma spicca proprio per la sua anomalia: una sorta di claustrofobica cantilena dalla struttura cantautorale, dall’incedere rallentato, interpretata da Fremberg nel suo tipico approccio “sofferente”, con vaghe dissonanze ed efficaci momenti virtuosi della tastiera e della chitarra di Reinholdz.

"Another Step" è forse la canzone più dura dell'album, con distorsioni di chitarre e la tastiera si limita solo all'accompagnamento. Poi però parte la sfida tastiera-chitarra: vince il chitarrista, concludendo in modo perfetto, ma la tastiera si fa comunque valere. “Shadow of a Lucent Moon” è un antipasto al capolavoro che seguirà, una semi-ballad con influenze dei Fates Warning e si può suddividere in due parti: arpeggiata e rarefatta la prima, aspra e movimentata la seconda, nella quale vengono sfruttate al meglio la tecnica della sezione ritmica e riproposte quelle note della tastiera che sono state e saranno marchio del gruppo (da cui molti gruppi recenti hanno preso spunto). Il capolavoro "Veil of Illumination", che dura 17 minuti, parte subito forte: riff movimentati, continue variazioni di tempo e vengono anche promosse bellissime melodie neo-prog; insomma, una suite che presenta tutte le influenze prog. Ci sono parti strumentali stile Dream Theater riuscitissime e su tutti gli strumenti dominano le solite chitarra e tastiera, che si mescolano nei soliti duetti-sfide. Poi il bellissimo assolo di chitarra ci fa togliere ogni dubbio che siano troppo tecnici oppure che siano troppo freddi (a seconda di come la pensiamo).

Insomma, questo CD vale sicuramente l'acquisto, ma non è certo un grandissimo capolavoro. Gli Andromeda si sono riconfermati con quest'album e l'hanno fatto benissimo. Spero solo che il prossimo album del gruppo, come ho già detto, sia lontano dal sound di questo - ma non perché questo non mi piaccia, anzi lo supera solo "II=I" -, ma perché vorrei ascoltare un sound più dolce, oppure spero almeno che il gruppo non si commercializzi (ed è questa la cosa più importante).

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