Dopo aver recensito molto metal, decido di proporvi uno dei migliori album di latin jazz che abbia mai avuto modo di ascoltare e sicuramente uno degli album più difficilmente reperibili.
Il venezuelano Andy Duran, conosciutissimo in ambito latin jazz come compositore, arrangiatore e direttore proprio della Andy Duran’s Jazz Big Band, con questo album continua (come in altri suoi lavori) a proporre una lista di grandi professionisti del genere (volutamente tutti di origine venezuelana, proprio per dar modo di sentire la bravura degli artisti born in Venezuela), primo tra tutti il pianista Ernesto Garcia (pianista tra l’ altro nell’album “Bravo Pavo” del grande timbalero Frankie Hernandéz), il trombettista Rafael Rey (già nella band di Gerardo Rosales nell’album “Señor Tambor” e pure lui nell’album “Bravo Pavo”) e il sassofonista Benjamin Brea (attivo dagli anni ’70 con collaborazioni con il grande cantante e chitarrista Alí Primiera e con lo stesso Duran in altri albums).
Si parte subito con il miglior brano dell’album, la magnifica “Moonlight Serenate” arrangiata in chiave latin e suonata in modo impeccabile dalla band di Duran, è raro che io riesca a provare emozioni del genere: pelle d’oca dalla prima all’ultima nota. Si continua con un must del maestro Mongo Santamaria, si tratta di “Happy Now” allegra e con arrangiamenti che esaltano fiati e piano ma nel contempo non castrano timbales e congas; splendido lo stacco swing verso il finale. Si passa alla prima delle due canzoni composte dallo stesso Duran: “Blues and Mambo Moods”, che riesce ad intrecciare in modo splendido il mambo classico anni ’50 e l’attitudine blues con una parte centrale con alcuni assoli di basso, sax, trombe e timbales veramente notevoli.
Si passa a “Le Grisbi” rivisitata in chiave bolero che poi sfocia in una guajira, i fiati la fanno da padrone e la lentezza malinconica del brano fa quasi venire le lacrime agli occhi. Ancora un pezzo di Duran “Irene At The Mambo Club” e ancora mambo questa volta jezzato e con finalmente il vibrafono in grande evidenza; il ritmo e la grande allegria del pezzo ci tolgono di dosso la malinconia lasciata della precedente traccia, ancora i fiati in grande evidenza con splendidi passaggi di trombe, sax e trombone.
Grande lezione di musica con “Caravan” (composizione che risale al ’37 e che è ritenuto il primo esperimento in campo latin jazz), la veloce jam session che parte al secondo minuto e si spera non finisca mai, è semplicemente esaltante. Arriviamo a “Los Aretes De La Luna” famosissimo bolero del grande José Quiñones qui in versione strumentale con un’esecuzione quasi perfetta, ma che non riesce a rifarsi totalmente alla versione originale dalla quale prende una certa paga. Passa purtroppo senza lasciare segno il cha cha cha “Sweet And Sour Sue” e si passa subito a “Tune Up” del mitico trombettista Miles Davis nemmeno lontanamente raggiunto dai trombettisti di Duran (ma il confronto è decisamente improponibile, visto la mole artistica di Davis), nonostante ciò la versione latin di questo capolavoro del jazz mi rende entusiasta e carico di speranza per il finale dell’album.
I brividi mi pervadono nell’ascolto della traccia successiva. Trattasi di “Moonlight Serenate” sta volta in versione swing: senza parole, emozioni allo stato puro! Conclude l’album “Flight of The Bumble-Bee” (il volo del calabrone) in versione salsa. Velocità alta, come impone il brano classico tra i classici, e grande perizia di tutti i musicisti che sembrano proprio dire all’ascoltatore che siamo arrivati alla fine.
Album di eccellente fattura e con una produzione che restituisce alcuni dei migliori brani della musica blues, jazz, swing e un accenno di classica in una veste pulita e rispettosa della tradizione che i brani stessi rappresentano; tutti gli arrangiamenti sono di notevole spessore artistico/musicale, elaborati in modo semplicemente unico e suonati da gente, lasciatemelo dire, con vere palle quadrate.
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