andisceppard - in questo momento - ascolta Andy Sheppard.

Andy Sheppard, non lo sapeste, è un sassofonista (bianco. Ps: grazie!) inglese. Qualche anno - mica troppi - più di me. Si innamora, piccolino, di Coltrane. E decide di imparare questo strumento. Di provarci.

Suona con tanti. Suona con Gil Evans (come dire, scusate se è poco). Suona con Carla Bley (un mito. Per tante cose. Perché, a causa di una serie imprecisata di eventi il suo Tropical Appetits finì in casa di un andisceppard (quello minuscolo) piccolino. E fu il suo primo disco di jazz. Per Escalator Over The Hill, che è un casino, e un capolavoro. E un giorno magari ve ne scriverò). Suona con Paolo Fresu (che è una meraviglia di persona. Un ragazzo d'oro, mi verrebbe da dire, non fosse che credo abbia più o meno la mia età, e che il termine ragazzo sembrerebbe vanteria. L'ho visto, un paio di volte, in concerto. E non fosse per quella vocina (ma andi, ti lamenti sempre?) che mi dice sì, ok, bello, ma... aspetta, in quale disco di Miles l'ho già sentito? Non fosse per quella vocina lì direi solo di Fresu il bene che si merita. Per Night and The City, per esempio. Per Things, con Uri Caine. Per il suo libro, che non ho mai finito di leggere, ma che è bellissimo. Per tante cose).

Andy vive nel mondo. Nel mio mondo. Non siamo negli anni settanta. Non è tempo di storie tristi, spericolate, non è più tempo dell'urlo della terra, della violenza del free. Non è più tempo di rivoluzioni.

O forse lo è ancora. Ma l'età, il censo, la nascita, lo pongono, ci pongono da un'altra parte. Di quelli che stanno alla finestra. Di quelli che non stanno in piazza. Perché Andy è bianco (l'ho già scritto grazie?) inglese, colto, benestante. La sua realtà non è più quella di Coltrane, quella di Miles. Quella di quelle mille storie, che vi ho raccontato, che magari ancora vi racconterò. Di quelli che in piazza ci stavano. No, non lo è.

Però - per intelligenza, per sensibilità - non è nemmeno di chi, a fronte di una rivoluzione, sta dall'altra parte. È di chi non rinnega. Ma non rimpiange. È di chi - più di ogni cosa - cerca di capire.

Ecco, Andy Sheppard è così. Non è Coltrane, non è Hodges. Non certo Coleman. Non può esserlo. Non gli è stato dato di esserlo.

Però è qualcosa. Qualcosa difficile da dire a parole. Calore, forse. Non è mai una di quelle robe fusion, che le senti una volta dici bello, e già pensi a cambiare disco. Attenzione, forse. O grazia, forse. E di sicuro voglia di ascoltare. Insieme. Come un fratello, un po' più grande. Che ricorda, ma non è nostalgico. Che non vive nel passato, ma nemmeno se lo dimentica.

Una roba così, oggi, ascolta andisceppard, quello minuscolo.

Andy Sheppard, Movements in colour

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