Premetto subito che la copertina raffigurata in questa recensione non è la stessa presente nella confezione del CD. L'immagine del disco che possiedo è una foto monocromatica (color cromo ossido verde) di un bambino sorridente che impugna nella mano destra un piccolo aereoplano. Quella della recensione invece, rappresenta una persona vista di spalle con davanti un paesaggio scuro quanto mai inquietante. Chissà, forse è lo stesso bambino diventato adulto... Mentre per lui prima la vita era divertente e spensierata ora è buia e piena di incognite.
"Invisible Threads" ovvero gli invisibili fili della vita che collegano tutti gli esseri viventi nel bene e nel male, quelli che ci permettono di creare opere meravigliose ma anche quelle che ci possono trascinare in un gorgo di morte e distruzione. Un tempo Freud disse: "La mente è come una città" perciò, l'umanità potrebbe essere paragonata ad una immensa nazione formata da tante piccole città con vie più illuminate ed altre più buie, tutte collegate da invisibili fili vitali.
Il disco è stato prodotto da A.Summers e registrato tra il 25 maggio e il 14 giugno del 1993. La collaborazione dei due musicisti è senza ombra di dubbio riuscita e convincente sia nell'aspetto compositivo che creativo. Si tratta di un lavoro totalmente strumentale, dove Andy e John utilizzano, a seconda dei brani, le chitarre (acoustic & 12-string guitar) e i bassi acustici. Le trame chitarristiche risultano sempre raffinate e dotate di ottime sonorità cristalline. Non sentirete eccessivi virtuosismi ma "solamente" musica suonata con cuore e con gusto. Dodici brani per un totale di circa quarantacinque minuti.
Il primo brano "Broken Brains" chiarisce immediatamente le qualità artistiche e sonore del CD. Infatti già dal primo ascolto risulta "gustoso" e piuttosto immediato. L'atmosfera generale del disco è leggermente malinconica. In particolare nei piccoli capolavori "Moravia" e "Stoneless Counts". Splendide e indimenticabili "Nuages" (D. Reinhardt), "Monks Mood" (T. Monk) e "Archimedes" con sonorità calibrate e piuttosto meditative. Più allegre e solari "Counting the Days" e "Heliotrope". Gli altri brani invece, sono leggermente più impegnativi e richiedono perciò più ascolti per poter essere apprezzati meglio. Solamente in brevi momenti risultano leggermente ripetitivi.
La qualità di registrazione è ottima. Discreto il booklet con all'interno tre foto in successione in bianco e nero dei due musicisti con espressioni particolarmente scherzose e sorridenti. Inoltre, sempre nel "libretto", è contenuta una breve nota (luglio 93) di Summers sull'incontro artistico (ma non solo) con Etheridge. Un disco eccellente, consigliato a tutti gli appassionati di questi generi musicali.
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