Autori di uno degli album fondamentali e immortali della NWOBHM, i londinesi Angel Witch ebbero una storia tra le più travagliate di tutte le band inglesi del periodo: la formazione capitanata dall'irrequieto e geniale Kevin Heybourne infatti vide nello spazio di pochissimi anni vari scioglimenti e reunion e un singolare avvicendarsi di musicisti ad affiancare il difficile chitarrista.
Dopo l'omonimo album del 1980, vera pietra miliare del Metal inglese, i nostri (troviamo ora David Tattum alla voce, Peter Gordelier al basso, il redivivo Dave Hogg alla batteria e, ovviamente, dopo aver rinunciato per il momento ad ogni velleità canora, il nostro Kevin alla chitarra), con già alle spalle due split-up, tornarono alla ribalta nel 1985 pubblicando il controverso "Screamin'N'Bleedin'", che più tardi il buon Heybourne rinnegherà senza troppi dubbi in proposito.
Il fatto era che l'album in questione, se da un lato proponeva ritmiche solidissime e riff arrembanti, pareva troppo sbilanciato in favore di composizioni più easy-listening rispetto al precedente e più meditato capolavoro. Se canzoni come la fantastica "Children Of The Night" e la bellissima "Waltz The Night" ricordano il recente passato del gruppo, con il loro incedere oscuro e, nel caso dell'ultima, un certo feeling per così dire "sabbathiano", altri brani invece sembrano fatti appositamente con l'intento di conquistare le emittenti radiofoniche e gettare una testa di ponte nel mercato americano: è il caso di "Evil Games", con tanto di simil-coro dell'Antoniano nel finale, con i (malvagi?) bambini che cantano l'orecchiabilissimo ritornello, o l'abbastanza sdolcinata "Goodbye", comunque un piccolo gioiello nel suo genere.
Tra questi due poli opposti si colloca una serie di pezzi che in un modo o nell'altro tengono alta la bandiera degli Angel Witch, come l'opener "Who's To Blame", forse uno dei picchi compositivi del disco, con la sua carica genuina e tutta britannica, l'aggressiva title track, la bella "Reawakening", forse però oggi un po' datata, la tenebrosa (e fascinosa) semi-ballad "Afraid Of The Dark", uno dei pezzi migliori, e la più squadrata e roboante "Fatal Kiss". A chiudere, una misteriosa outro, "U.X.V.", cupa e horror al punto giusto, ma che fa ripensare inevitabilmente con una certa nostalgia alla vecchia, velenosa, "Devil's Tower" del leggendario debutto.
Proprio questo, in generale, è il problema del disco: l'abbandono senza riserve dell'alone di malsana perversità che aveva caratterizzato gli inizi della band per abbracciare invece un'istanza melodica che a molti pareva (e pare) tutt'ora estranea alla band ma che soprattutto ne appiattiva il suono omologandolo al mainstream: in sostanza gli Angel Witch avevano perso gran parte della loro unicità. Ciò comunque nulla toglie alle capacità creative ed esecutive di Heybourne, che riesce a destreggiarsi in maniera sempre degna del suo nome e a cesellare con riff quantomeno godibili pur se non proprio memorabili anche brani che al primo ascolto potrebbero sembrare ben più banali. In ogni caso un passo indietro per il gruppo, che peggiorerà ulteriormente la situazione con il successivo "Frontal Assault".
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