Angélique Kidjo è una delle cantanti africane più note e celebrate a livello internazionale, probabilmente la più famosa in assoluto dopo la scomparsa di Miriam Makeba; sulla scena da più di vent'anni, una discografia molto vasta ed anche una marea di collaborazioni con le celebrità occidentali più disparate, cosa che per molti può essere un plus ultra ed una certificazione di qualità, ma che in tutta sincerità non mi attira per nulla, anzi. Mi sono avvicinato a questo personaggio e alla sua musica per conoscere un po' di genuino pop made in Africa, di sentire cover dei Rolling Stones, vedermi sbucare una Joss Stone di quà o, peggio ancora, un Bono di là proprio non sentivo e non sento assolutamente il bisogno e, per fortuna, l'ultimo album dell'artista beninese è proprio quello che fa al caso mio.

Come facilmente intuibile dal titolo e dagli onnipresenti cori femminili che accompagnano la cantante per tutta la durata dell'opera, "EVE" si propone come un omaggio alle donne del Continente Nero e, soprattutto, è un album "puro": collaborazioni a livello quasi unicamente strumentale, testi in lingue autoctone, sonorità ed atmosfere sicuramente appetibili e facilmente assimilabili anche per i palati occidentali meno allenati ma che affondano le proprie radici nella tradizione popolare dell'Africa subsahariana. Un album veramente bello, reso ancora più affascinante e coinvolgente dalla voce di Angélique; grande voce, meraviglioso il modo in cui vinene utilizzata, con quell'intonazione decisa, scandita e senza fronzoli. Un cantato potente, quasi declamatorio, che si sposa perfettamente con le sensazioni espresse dalla musica: colore, energia, dinamismo, gioia di vivere. L'allegria sprigionata da pezzi come "Bomba" e soprattutto "Kulumbu", con la partecipazione del celebre pianista di New Orleans Dr John, è qualcosa di assolutamente contagioso, ritmi esplosivi, una cura nei suoni e negli arrangiamenti che valorizza pienamente il potenziale di queste melodie semplici e popolari. Melodie in molti casi di sapore funky, come in "Shango Wa" con la sua spettacolare ritmica cavalcante, che mette in mostra un grande lavoro di basso, molto incisivo e presente anche in episodi come "Orisha", "Hello" e "Ebile", in cui accompagna un garrulo violino su una melodia vivace e ritmatissima.

"Eva", parzialmente cantata in inglese, mostra invece sonorità più tranquille e riflessive, vicine al soul, con un approccio canoro più elegante e classicamente radiofonico, una buona canzone e singolo promozionale, ma i momenti d'atmosfera più suggestivi e significativi sono d ricarcare altrove, ad esempio nei ritmi reggae solari e rilassati di una bellissima "Kamoushu", arricchita dal continuo intecciarsi tra la voce forte e decisa di Angèlique e quelle più leggere delle coriste, in "Blewu", dove percussioni e controcanti tacciono dando spazio alla sola voce principale, accompagnata unicamente da una chitarra acustica in una melodia dalle coloriture malinconiche e crepuscolari e soprattutto in "Bana", canto popolare congolese di raro candore e dolcezza, caratterizzato dalla presenza di Yvonne Kidjo, la mamma della nostra Angélique, secondo me è il featuring più importante non solo dell'album ma di tutta la carriera della cantante.

Un po' sincero tributo alle proprie origini, un po' prodotto della globalizzazione, e sicuramente un perfetto album di "world music" con sensibilità pop e respiro internazionale, "EVE" di Angélique Kidjo mi ha comunque lasciato delle ottime sensazioni, voce stupenda, talento cristallino e sonorità di grande fascino, con almeno quattro/cinque episodi memorabili e un'impressione generale di colore, energia ma anche fierezza ed un tocco di regalità, così come Joan Baez fu una portabandiera ed un'ambasciatrice nel mondo della musica folk nord/centroamericana oggi Angélique Kidjo riveste un ruolo praticamente analogo per quelle che sono le sue origini ed il suo retroterra, la differenza sta unicamente nel fatto che purtroppo l'Africa sta ai margini del mondo nelle attanzioni dei media, e di conseguenza anche nella considerazione degli ascoltatori occidentali. Peccato, perchè il lavoro di questa grande interprete meriterebbe pari dignità e considerazione con i suoi colleghi del primo mondo, e non certo per il fatto di aver collaborato con tizio e caio.

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