Presente e passato, genialità e mestiere, entusiasmo e maturità, saggezza ed equilibrio, capacità di stupire ed emozionare. Uno stile unico, almeno in ambito italiano, un gran bel disco. Angelo Branduardi nel 1983, non è più un novellino, anzi, gli anni migliori della sua carriera li ha già passati, idealmente chiusi nel 1980 con "Gulliver, la Luna ed Altri Disegni". Per l'artista originario di Cuggiono gli anni '80 sono stati un decennio in tono minore rispetto al precedente; alcune felici intuizioni, solo quattro album pubblicati tra cui spicca "Cercando l'Oro", una sorta di spartiacque tra l'immenso Branduardi che fu e il buon artista, eclettico e imprevedibile ma non sempre impeccabile che verrà.
"Cercando l'Oro" succede a "Branduardi ‘81", un album a suo modo coraggioso ma nel complesso abbastanza evanescente e dimenticabile, e segna un parziale ritorno al passato: questo disco ha un suono meno affascinante, più moderno rispetto a "La Pulce d'Acqua" o "Cogli la Prima Mela" ma molto più ricco e variegato del predecessore. In ultima sintesi, si può definire come un album di folk-pop dalle sfumature classicheggianti, molto ben confezionato ed ispirato, fresco ed attraente. Ogni canzone di "Cercando l'Oro" è un piccolo dipinto a sé stante, non c'è nessun tipo di nesso logico e neanche una preciso comun denominatore stilistico tra i vari episodi del disco, ma questo non è un difetto, anzi, contribuisce a caratterizzarlo ulteriormente. Si passa dalla solennità marziale ed incombente dell'iniziale "Il Libro" all'ironia sottile e giocosa della titletrack, brano che mette in luce un nuovo feeling pop, avvertibile anche in un piccolo capolavoro come "L'Acrobata", in cui viene riproposto lo stile quasi psichedelico di "Branduardi ‘81" in maniera più convinta e vivace, con l'aggiunta di orchestrazioni che esplodono nel ritornello, scandite dallo sbattere dei piatti, dando così vita ad un brano incalzante ed evocativo, di grande fascino e impatto melodico.
"Cercando l'Oro" vede la partecipazione del famoso arpista celtico Alan Stivell, presenta in due brani: lo ritroviamo alle cornamuse in "La Giostra", una ballata sognante e delicata, a ritmo di walzer chiusa da un intenso finale con Stivell assoluto protagonista e arpista di "Piano Piano", che altro non è se non l'adattamento italiano della celeberrima Child Ballad scozzese "Barbara Allen", interpretata tra gli altri anche da Joan Baez e recentemente dai Blackmore's Night. Il testo è sostanzialmente fedele all'originario, l'interpretazione affascinante come al solito, anche se forse un po' manieristica rispetto ad analoghe rivisitazioni come ad esempio "Il Ciliegio" o "Ninna-Nanna".
"Natale" è forse la ballata migliore dell'album, intrisa in un'atmosfera antica, ma non perfettamente inquadrabile; soffusa, meditativa e quasi ombrosa, interpretata da Branduardi con piglio quasi sussurrato, denota una cura certosina negli arrangiamenti, altra caratteristica saliente di "Cercando l'Oro", che si riscontra anche in un pezzo come "La Volpe", suggestivo affresco di un bosco in inverno, tratteggiato con sonorità psichedeliche, che trasmettono una leggera inquietudine e un assolo di clarinetto sul finale, e anche in "Profumo d'Arancio", un lieder dal sapore classicheggiante, colmo di dolce e primaverile leggiadria. "Ora che il Giorno è Finito", l'ultima canzone, regala infine sopresa: l'elettronica prende il sopravvento per la prima volta nella carriera dell'artista lombardo, e questo colloca ulteriormente "Cercando l'Oro" nella posizione di album di transizione ed equilibrio.
Canzoni come "Profumo d'Arancio", "Piano Piano" e "La Giostra" riecheggiano ancora del glorioso passato, altre come "L'Acrobata", "Il Libro" e "Cercando l'Oro" esplorano nuovi territori, "La Volpe", "Natale" e "Ora che il Giorno è Finito", addirittura, costituiscono con le loro ombreggiature una specie di primo passo di un percorso che arriverà a compimento sette anni più tardi con "Il Ladro". Dotato di una personalità ben maggiore rispetto a "Branduardi ‘81", meno poetico e raffinato ma molto più fruibile ed immediato di "Branduardi Canta Yeats", "Cercando l'Oro" è anche assai superiore e decisamente meglio invecchiato rispetto ad un album in apparenta più innovativo e sperimentale come "Pane e Rose". Non proprio un capolavoro, ma tuttavia un album pressoché impeccabile.
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