Secondo me questo libro punge più di Gomorra. E' un romanzo frutto di fantasia ma non troppo. E' la vita tratteggiata con pennelli dalla punta diversa (a volte sottilissima, a volte grande e grossa) imbevute nel colore nero. Ma è vita. Ci sono i colpi di scena (quanti ne volete), c'è una certa spettacolarizzazione dei personaggi e c'è anche una Napoli che non si vede. Forse per questo si sente ancora di più. Perché la devi conoscere bene per sentirti ancor più dentro al libro (che, ad onor del vero, comunque riporta in II e III di copertina una mappa della città suddivisa per quartieri).

Che io sappia questa è la prima grande prova di Angelo Petrella sulla lunga distanza. In precedenza, il giovane (31) e talentuoso scrittore napoletano aveva prodotto due racconti d'essai di genere (por)noir (credo di poterli definire così) che mi avevano colpito in maniera molto positiva. Nazi Paradise e, soprattutto, Cane Rabbioso mi hanno dato un bel colpo. Cane Rabbioso è fantastico. Una cinquantina di pagine per il racconto di una notte di uno sbirro drogatissimo che deve risolvere una brutta grana. "Ai limiti del pubblicabile" mi hanno risposto in libreria, quando avevo chiesto "Stasera voglio leggere qualcosa di immorale.". Ed infatti così è stato (e pensare che stavo per prendere un - seppur validissimo - Taibo!).

La città perfetta viola il terreno della letteratura noir italiana, scavando nuove fondamenta più profonde che fanno vacillare le strutture messe precedentemente in piedi da scrittori di calibro (vedi Carlotto) che ultimamente stanno deludendo non poco, a mio avviso. Petrella è diverso. Petrella conosce bene le strade che descrive. Petrella è napoletano e ha da raccontarci storie dove i personaggi possono essere i soliti, ma ciò che fanno solito non è. Per la naturalezza (assolutamente realistica)con cui lo fanno. Qui, a mio avviso, è davvero impercettibile il confine tra spettacolarizzazione e realtà. Chi conosce Napoli almeno un po', lo sa. Per questo Petrella scrive senza compromessi. Conosce bene il suo genere, lo ha studiato, analizzato e approfondito alla grande. Ora ce lo restituisce in salsa partenopea verace.

Tre sono i protagonisti e tante le vite che si intrecciano in una Napoli dove underground e overground vivono sullo stesso livello, e dove le escalation di crimine vivono assolutamente a loro agio, perfettamente immerse nelle leggi del caos. A Napoli ci sono anche le famiglie, ma capo può diventare tranquillamente uno che un mattino si alza e decide di far fuori una cupola per inter, pur essendo figlio dei vasci. Senza perdersi in sofismi, queste 500 pagine ci dimostrano cose che (come per Gomorra) in molti già sanno. Solo che sono raccontate da dio. Nell'ordine:

> potrete vedere e capire come un ragazzo nato nel peggiore pertugio dei Quartieri, nello squallore più anonimo fatto di dissesto sociale e familiare, possa diventare un boss della Camorra.

> potrete conoscere lo sbirro prototipo di corruzione (questo personaggio ha molto del Cane Rabbioso di cui prima), a suo modo pornografo, perennemente schizzato, avido di liquidi sessuali, che riesce a fare due carriere parallele.

> potrete scrutare la vita forse più comune a tanti, di un adolescente compagno che per una serie di peripezie si trova a diventare un giovane terrorista proletario.

Vite che si aggirano per Napoli e dintorni tra lo stadio S. Paolo, l'agro vesuviano, i Quartieri Spagnoli e la (soprattutto una volta, tanto tempo fa) meravigliosa zona di Portici. Il primo personaggio della lista è Sanguetta, uno che noi non nati dove è nato lui, definiremmo un perfetto ignorantone malavitoso. Questione di socializzazione direi io. Sanguetta è figlio della sua topaia e vive secondo quelle regole, che per molti incomprensibili ma che dovremmo imparare a conoscere almeno, in quanto esistono davvero. Se esci dal libro ed entri a Napoli, non trovi differenze. Per lui si tratta dell'unico modo di vivere. La sua scalata è spettacolare. La sua ostinazione pure. È il tipico esempio di persona che non ha nulla da perdere di default. Per cui affronta con sangue freddo i rischi, con sottesa furbizia. È perfetto il personaggio, anche perché soffre la presenza di "persone" normali accanto, sbroccando se tenuto per le palle. Un plauso all'autore la cui scelta di far raccontare la storia ai suoi protagonisti in prima persona, è stata sicuramente azzeccata. Sanguetta effettivamente è l'unico controsenso fra i tre. Non parlerebbe mai italiano, e la napoletanizzazione della lingua di Dante risulta un pizzico forzata ma giusta negli intercalari e nei modi di dire. Alcune parole non credo possano stare in bocca a quel personaggio perché troppo "sofisticate", ma sto parlando di un tot i parole che su 500 pagine si possono contare sulle dita di una mano.

Il secondo personaggio della lista è l'Americano, lo sbirro a cui tutti vorremmo rompere il culo. Le probabilità che accada un rompimento di sedere sono tutte a suo favore, però. Non si fa scrupoli su niente, a partire da una sega sulle foto di una nota politica italiana per finire alle torture più cruente, passando per le cariche da stadio. Il suo linguaggio è ossessivo e nevrotico, lui è intelligente e risoluto: il perfetto cocainomane consumato. Le decisioni più importanti le prende sotto effetto di droga e/o alcol, dimostrando una lucidità e un sangue freddo pari a quelli di Sanguetta. Due animali che sanno muoversi da soli nel loro zoo. E Napoli sembra essere un bestiario niente male. C'è molto poliziottesco nell'americano, e molta cazzutaggine.

Chimicone, il terzo uomo della lista dei protagonisti, è un fuma canne a ripetizione ,e da adolescente abituato alle grandi manifestazioni e alle occupazioni, si trasformerà in un terrorista senza scrupoli. Emotivamente è il personaggio più evoluto dei tre. La sua sensibilità e il suo amore per una ragazza lo porteranno a fare le tipiche cazzate che si possono commettere per questi motivi. Intrighi da cui uscirà fuori con la stessa determinazione degli altri due. Il suo modo di parlare è pressoché perfetto: le parole di Chimicone vestono da solo il personaggio. Bravo Petrella.

Attorno ai 3 protagonisti si muove un parterre di seconde linee eccezionali tra camorristi, studenti, genitori, sbirri, presidi, avvocati, travestiti ecc. Tutte psicologie delineate con incisività e proprietà di linguaggio da Petrella . Queste - spesso fugaci - apparizioni restano impresse così tanto che se ti capita una sera di addormentarti ed interrompere la lettura, 3 giorni dopo appena apri il libro rivedi il personaggio e riparti da lì. Insieme alle seconde linee c'è un sottobosco di ulteriori personaggi che arricchiscono le storie e servono a reggere in piedi una trama complessa, dove nulla è scontato, e che va avanti fluida per 500 pagine che, in realtà, fuggono via come le poco più di 50 di Cane Rabbioso.

Non parlo di trama perché sarebbe fare un danno a chi non ha letto il libro. Vorrei chiudere questa recensione, scritta forse un po' troppo di fretta, ma con passione, facendo il punto su Petrella e su quanto ha prodotto fino ad ora. La città perfetta è il primo passo verso la maturazione di una grande penna italiana. Gli ammiratori la penseranno così. Io credo che quel pizzico di acerbità da prima opera in stile "spacco tutto con classe" renderà questo romanzo il suo più memorabile. Questa è una conclusione azzardata, me ne rendo conto, ma il noir secondo me è frutto di strategia senza calcoli. Difficile che uno scrittore si mantenga così. Questa è la sfida, semmai per Petrella: fare pochi calcoli e farci divertire ancora sudando notti per capire come tenere in piedi i casini che lui stesso crea, senza l'ossessione dell'editore e del dinero.

Questo romanzo segna un passo avanti rispetto ai racconti perché ne unisce gli intenti e le atmosfere che li pervadono, modellando personaggi e situazioni che prima forse erano troppo estremi (e per questo comunque godibilissimi). Poi ci ripenso e credo che quella dei protagonisti dell'opera è una vera epopea, un susseguirsi di vicende durissime che difficilissime. Una specie di Iliade (con le dovutissime proporzionissime). Sarà in grado, un dì, il nostro autore, di tirare fuori un'altrettanto godibile Odissea?

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