"We are free, we are Him"
E' tutto giocato sull'ambivalenza questo ultimo lavoro di Michael Gira, ormai convertito al cantautorato folk (ma pur sempre animato dai consueti fantasmi oscuri).
Si parla di Joseph, evanescente ma presente anima pensante che si cela dietro. Dietro al pensiero, dietro alla parola. Lui controlla il nostro atto creativo (o siamo noi ad invocarLo inconsciamente?). Siamo schiavi perché lui ci libera, o siamo liberi perché in suo possesso?
Contraddizioni complementari. C'è qualcosa che scorre nel subconscio e ci guida controcorrente.
"Black river runs, beneath this ground / Black river flows forever but he makes no sound"
Il mistero. La rassegnazione cosmica del mostruoso/splendido "White Light From The Mouth Of Infinity" è qui stemperata a metà tra un sogno e una preghiera. Il mistero è sinistro e buio e sconcertante, ma non si deve temerlo ("because nothing is real").
E' un quadro di impressioni profondamente umane. Accompagnato dagli Akron/Family dipinge una sequenza di piccole amare confessioni. Sia che duetti con la moglie in "Not Here/Not Now", sia che ululi ad una luna sotterranea ("Promise Of Water"), sia che cazzeggi moderatamente in un country spedito ("Mary Lou, Fuck You").
C'è il blues, c'è il country, c'è deserto (interiore). E Nick Cave. Le composizioni sono fondate sulla ripetizione e sulla moderazione. Lasciatosi alle spalle la violenza incontrollata degli esordi con gli Swans, Gira è ora un gentleman garbato che modula con sapienza l'esternazione di emozioni.
"There's always things that can't be said / but Joseph holds the key to them"
Un disco che può parlare (in silenzio) all'anima ("This record is for Joseph, who is in every song").
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