A due anni dallo spiazzante debutto con "Angels Cry", il 1996 vede per gli Angra la nascita della loro seconda fatica, "Holy Land".
Come possiamo notare dal titolo dell'album e dalla sua copertina, le canzoni sono ispirate perlopiù alle conquiste compiute dagli europei in Brasile, terra d’origine della band.
Stilisticamente simile al precedente, "Holy Land" si differenzia per il fatto di contenere influenze carioca presenti in modo massiccio, che si noteranno nel corso di tutto l'album.

Si comincia con l'intro "Crossing" che, come dolce sveglia grazie ai canti d’usignolo e i fulmini ci prepara alla sensazionale "Nothing To Say", che non mi vergogno a reputare come una delle loro migliori canzoni. Dopo "Silence And Distance", la prima ballata del disco troviamo quella che, a mio parere rappresenta sicuramente la canzone migliore dell'album, la stupenda "Carolina IV", che concentra nei suoi 10 minuti e 33 secondi di durata la vera natura della band: il folk brasiliano in primis, assieme ai numerosi cambi di tempo e ad un ritornello convincente ne fanno la vera perla del disco.
Arriva ora il turno della struggente Title Track, anch'essa molto bella che s’impone maestosa, alla cui fine arriva la carina ma trascurabile "The Shaman", che non è brutta, ma sicuramente la più sottotono dell'album, che poi ritorna in forma con la meditativa "Make Belive", ma attenzione! Come uno scossone arriva la roboante "Z.I.T.O.", che porta un pò di sano power-speed e si allontana, anche se poco, dai consueti schemi del disco, che in ogni caso non si renderà mai noioso.
Si ritorna alla calma grazie a "Deep Blue", seconda ballata che ci introduce alla finale "Lullaby For Lucifer", la quale, grazie alle sue melodie che trasmettono serenità e il mare che si infrange sugli scogli in sottofondo ci porta a rilassarci, quasi come per farci dormire, per chiudere la fantastica giornata cominciata con il piacevole risveglio di "Crossing".

Si può dire comunque in finale che quest’album può assolutamente essere considerato tra i migliori lavori del Progressive Metal, grazie alla grandissima prova dei cinque Brasiliani e di Matos sopra tutti, grazie ad una voce che ad altissimi livelli, facendo venire le bave alla bocca a quella fighetta di LaBrie...

Disco che consiglio spassionatamente a tutte le legioni dei fan sfegatati di Symphony X e sopratutto Dream Theater, ma in ogni caso da avere, o almeno da ascoltare per chiunque abbia buongusto o a cui piaccia la VERA musica...
Adesso scusatemi, ma scrivere questa recensione mi ha fatto venire voglia di correre in camera, inserire questo "Holy Land" nello stereo ormai rovinato dall'usura, e ascoltarmelo a tutto volume!!!!!!!!

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