Questa prima opera di Animal Collective necessita di alcune precisazioni preliminari. Non si tratta di prodotto di facile consumo, anzi trattasi di un album dallo sperimentalismo estremo, privo del benché minimo compromesso nonché della volontà di assecondare l'ascoltatore, non ha niente a che vedere nè con il folk onirico di Sung Tongs né con lo strambo-pop psichedelico dell'ultimo Feels. Non ha niente a che vedere con il concetto stesso di canzone. Non c'è una singola canzone in questo disco ma solo una serie di suoni/composizioni astratte che evocano degli stati d'animo. Ciò non significa che l'opera sia caotica, attenti ascolti rivelano anzi un percorso interiore ben definito in cui si alternano momenti di pace armonica a momenti di inquietudine che sfiora il panico.
La Natura è il termine di relazione unificante del disco. Una natura lontana da quella addomesticata che troviamo ormai nella vita di tutti i giorni, una natura che ritrova la potenza originaria e che perciò risveglia anche nell'uomo che la vive sentimenti immediati, basilari, primordiali: la paura, la gioia, la pace, l'estasi, il terrore, il fascino dell'ignoto. Forse con un paragone cinematografico potremo dire che è la natura come forza primigenia, fonte di energia pura che si ritrova nei film di Werner Herzog. "Here Comes The Indian" deve essere concepito come un viaggio all'interno di questo mondo. O come una colonna sonora per un documentario etno-musicale mai realizzato.
Se vogliamo trovare dei punti di riferimento musicali dovremmo forse andare a cercare il richiamo a certe cose del Krautrock più ardito e sperimentale, certe cose dei Can e dei Faust per esempio. Medesima infatti è la voglia di rischiare, di osare, di valicare nuove frontiere. Addentrandosi nello specifico da segnalare il pezzo di apertura "Native Belle", pezzo che più si avvicina al formato canzone tuttavia sin da subito dissolvendolo in un deliro di false partenze, voci distorte e cacofonie (mai fastidiose però). Uno dei vertici del disco si raggiunge con "Two Sails On A Sound", un crescendo inquietante di rintocchi di piano accompagnati da una teoria di suoni e rumori che congiura un'atmosfera di sospesa e prolungata tensione. "Here Comes The Indian" produce musica evocativa, immaginifica, ti trasporta davvero in luoghi lontani dalla stanza in cui ci si trova ad ascoltarlo, lontani dal lettore cd che lo ha ingoiato. Uno dei meriti dell'opera risulta nella capacità di rivelare una infinita cura nei particolari, nella ricerca dei suoni, nell'attenzione per le pause e l'assemblaggio delle composizioni, particolari che emergono però solo che si è messo da parte i pregiudizi, ci si è dotati di un po' di pazienza e ci si è predisposti all'avventura. Un disco non per tutti dunque. Per i curiosi però sì!
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