Siamo negli anni '80 e molti artisti veterani ed emergenti cedono alle lusinghe della new wave elettronica europea. Sono anni dominati dalla musica sintetizzata, riprodotta dalle macchine in studio che prendono il posto dei musicisti. Anche per il soul sono anni bui. Fortunatamente ci pensano Prince, Sade ed Anita Baker a rivitalizzare il genere arricchendolo con nuovi suoni e nuove idee al passo coi tempi ma senza dimenticare le proprie radici. In quel lontano 1986 esce "Rapture" dell'elegante Anita Baker, un azzeccato cross-over di soul, jazz e pop che perfeziona il lavoro intrapreso due anni prima da Sade col suo "Diamond Life".

Basta ascoltare la morbida "Sweet Love", la jazzy  "You Bring Me Joy" per rendersi conto della classe di questa artista, oppure "Caught Up In The Rapture" impreziosita da una chitarra suggestiva a fine brano.

Ricordiamo anche pezzi dal ritmo sostenuto come "Same Ole Love" e "Watch Your Step" mentre "Been So Long" ci dà prova dell'estensione vocale della Baker.

L'atmosferica "Mystery", grazie all'interpretazione dell'artista statunitense, vince il confronto con la versione originale dei Manhattan Transfer.

Grazie alla sua vocalità duttile, ricca di pathos e alla sapiente produzione di Michael J.Powell Anita è riuscita a creare un intramontabile capolavoro, un aggiornamento anni '80 alla tradizione black. Nonostante sia un album incentrato sul romanticismo non cade mai nel melenso, in quanto l'artista riesce a dare grinta ai brani grazie al suo stile e allo spiccato senso della tradizione jazz, senza perdersi in esercizi stilistici fini a sé stessi.

Per le nuove generazioni che volessero conoscere un'altra faccia degli anni '80, "Rapture" è l'album ideale ed è anche un ottimo punto di partenza per scoprire l'arte di Anita Baker.  

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