A quasi tre anni dal debutto, Anna Calvi ci invita di nuovo sul palco del suo personale teatro e ci informa che qualcosa è cambiato.

Tutto, o quasi, pare essersi congelato. Il fuoco, che divampava inarrestabile tra le tracce dell'esordio, è come intrappolato sotto una lastra di ghiaccio, che la nostra novella Giovanna D'Arco calpesta a piedi nudi. A ben vedere (o meglio sentire) quel fuoco non è estinto; soltanto metabolizzato e rilasciato in dosi più contenute.

Si parte nel segno della tradizione e per un attimo pare di scorgere la sagoma della ballerina di flamenco, che tanto aveva incantato il pubblico : "Suddenly" ed "Eliza" non si discostano troppo da quanto ascoltato in precedenza. La seconda soprattutto, pare riportare in vita il corpo di Scott Walker; quello delle riletture di Jacques Brel, con un finale da applausi. Ma dalla terza traccia in poi si cambia : "Piece By Piece" resta sospesa da qualche parte tra St Vincent, rumorismo e Kraftwerk; nel mezzo la voce della Calvi, mai così dolce e sensuale. A seguire, "Cry": la nostra in guisa di mantide che si finge delicato fiore, per poi esplodere in un boato di elettricità.

"Sing To Me" è l'apice del disco, un canto che risale lento dalle periferie del cuore, per poi innalzarsi sorretto dagli archi in un meraviglioso afflato Morriconiano.

Da segnalare anche la title track, quasi divisa in due: sospiro contenuto e misurato che d'improvviso si arresta per lasciare spazio ad un crescendo cameristico.

Sul finale, dopo la furia di "Love Of My Life" (memorie dal passato remoto Cheap Hotel) e l'amplesso consumato come catarsi di "Bleed Into Me", arriviamo all'evaporazione dei sentimenti di "The Bridge", canto di spiriti ed espiazione finale.

Un secondo disco sicuramente diverso, coraggioso, meno "epidermico" del primo; ma che con l'attenzione e il tempo necessari, regala pathos ed emozioni, in dosi addirittura maggiori. "Sing to us beautiful one".

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