Irina, in quello scantinato buio e che odorava di chiuso, stava frugando con foga nei vecchi scatoloni di suo padre Igor. Lo faceva sempre quando si annoiava tra una partita a Voorees in cortile coi ragazzi e un esercizio di Fisica. Le piaceva indagare nella vita passata dei suoi genitori, soprattutto perché ci trovava sempre qualcosa di interessante appartenente al vecchio mondo. A volte anche dei CD polverosi o delle raccolte antiche del mondo pre-digitale. In alcuni casi rinveniva pure alcune di quelle obsolete chiavette contenenti la musica classica dei primi del 2000. Proprio quel giorno trovò con sorpresa una di quelle USB tanto care che non aveva mai ascoltato. La collegò alla rete neurale e cominciò ad ascoltare...

Già, perché di musica classica dei primi del 2000 si parlerà in questa recensione. Questo primo LP di Anna Meredith è, per me, l'esempio più concreto di come, con alti e bassi, si può mischiare efficacemente musica classica e musica elettronica. Come negli anni '60-'70 ce l'avevano fatta i grandi compositori del Prog Rock (anche italiani, ricordando "Concerto Grosso" dei New Trolls) anche in questo caso è stato fatto centro. Meredith (premetto che prima di aver ascoltato "Nautilus", la traccia d'apertura, non avevo l'mai sentita nominare) con questo suo "primo" lavoro discografico è riuscita a produrre un pregevole lavoro sperimentale ma senza cadere nello stereotipo del fare casino senza una logica*, anzi alcune canzoni, soprattutto i pezzi cantanti, hanno un contorno Pop abbastanza accessibile da tutti, a mio parere.

Le tracce "Nautilus", "The Vapours", "Honeyed Words" e "Blackfriars" sono gli esempi cardine di come, secondo me, un compositore di musica elettronica/classica dovrebbe comportarsi da qui in poi per lasciare un segno in questi decenni così apparentemente vuoti in ambito musicale. Sintetizzatori, tube, violoncelli, percussioni e strumenti a corde che fanno quello che dovrebbero fare: suonare bene assieme. Menzione speciale per "Taken" che, pur non essendo una canzone memorabile, mi ha ricordato molto le linee vocali dei Gentle Giant intersecate ai cori degli Yes e quando un artista mi ricorda questi due mostri sacri non posso far altro che applaudire. Il resto delle tracce sono un turbinio di Pop, Synth anni '80 e musica ambientale, e, seppur con alcune lungaggini esagerate e momenti un po' morti, ogni canzone ha un'anima e si sente.

Infine vorrei fare una considerazione un po' troppo romantica e un po' troppo retorica (talmente tanto da farmi quasi schifo da solo) ma sono album come questi che, in mezzo ad un marasma di lavori fin troppo uguali, mi faranno continuare la costante ricerca di proposte musicali nuove e che mi fanno sperare in un futuro roseo per la Musica con le contro-palle**

*Termine tecnico
**Termine Tecnico pure questo

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