Unta come non mai, la simpaticissima Anna Oxa tenne il mondo (sanremese) sulle spine per alcuni lunghissimi secondi di profonda concetrazione prima di esibirsi (meravigliosamente) sul palco del teatro Ariston.
Siamo nel 2006, ed io come ogni anno mi accingo ad ascoltare il festival di Sanremo, un po' per abitudine, un po' per ridere, un po' per trovare spunti nuovi per le mie canzoni, al limite per passare un po' il tempo. Premetto che al festival hanno suonato buoni, ottimi artisti; tanto per citarne qualcuno, (scusate, solo qualcuno che mi ricordo al momento) Alex Britti, i Quintorigo, i Blu Vertigo, Carmen Consoli, Elio e le sue storie, e come ospite (sempre nel 2006) anche Bowie, nel 1996 Pat Metheny, e potrei andare avanti mille anni, ma mi fermo qui che basta. Basta per capire che il festival mi incuriosisce tutti gli anni, per un motivo o un altro. Nel 2006, credo di aver ascoltato il pezzo più angosciante di tutta la mia (pluridecennale) esperienza sanremese. La pur esperta Oxa, si infila in un eccesso di egocentrismo ed autocelebrazione e, per la cronaca, ne uscirà distrutta (povera). Riporto il testo:
Spuntava la primizia dei tuoi seni
come in mare due punte di scoglio
li hai messi nelle mani di chi afferra
concessi come l'uva nella bocca.
Tu sei il limite di chi cerca la terra
tu sei il limite di chi ti tocca
tu sei l'antipatica e la bella
sei quasi nuda ossia vestita quasi
ma spogliata diventi un quesito
per chi ti abbraccia come un suo vestito
e 'non ho niente' dici 'non ho niente'
tutti pensano che non hai niente addosso
dici 'è vero ma quel che posso
è il mio sentimento niente addosso'
Tu sei il tuo processo ad ogni passo
ad ogni passo come se ballassi.
Tu sei la confessione ad ogni canto
e geme il godimento e gode il pianto.
Crediamo di creare i sentimenti
li leghiamo ai piaceri e ai tormenti
li diciamo coi sospiri e coi lamenti
li giuriamo come se non fosse vero
che noi proviamo quello che proviamo.
Li vogliamo assurdi come fantasie
li vogliamo credibili ma li diciamo
con parole incredibili
e gli diamo
una ragione col cuore in mano
li vogliamo capire e non li capiamo
e cosi'
li soffochiamo con quelli che
noi crediamo sentimenti.
Spuntava la primizia dei miei seni
come in mare due punte di scoglio
li ho messi nelle mani di chi afferra,
concessi come l'uva nella bocca.
Io sono il limite di chi cerca la terra
io sono il limite di chi mi tocca
io sono l'antipatica e la bella
io sono il mio processo ad ogni passo
la confessione di un mio gesto e' un ballo
io sono il mio processo ad alta voce
e, se confesso che respiro, io canto
facciamo un gioco bello come il mare
sono io mi faccio attraversare.
Il corpo nudo un limite del mondo
si muove come l'acqua con i fianchi
si muove da vicino all'infinito
il tempo è come leggere la sabbia
e noi pensiamo ai passi che lasciamo
ma l'orma dell'amore la ignoriamo
ci solleviamo, andiamo via di là
lasciando un vuoto di felicità.
Al limite un buon testo, pieno di se stessa, assolutamente inascoltabile. L'autore Panella (in un momento di follia) ripesca nella baraccolpoli del suono, si dimette dal club della buona musica. Il pezzo è malinconico, ma come viene interpretato finisce per suscitare sensazioni negative quali stress, rabbia e indolenza e si propone come moderna forma di tortura uditiva. Le previsioni meteo hanno più musicalità, persino Jannacci si rivolterebbe nella tomba (una volta morto si intende). Decadente, in piena decadenza, per i fans sicuramente sempre bellissima e coraggiosissima, meritevole di plauso per il suo "sapersi mettere in gioco". Ahimè, chi vi scrive l'ha apprezzata eccome, in passato. Ma la sua è stata, e spero sarà, una cagata e basta. Spero torni a quello che sa fare.
Spero torni ai suoi standard. Un bacio.
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