Questa mattina piove, piove a dirotto.

Il cielo è cupo, plumbeo, il mio umore malinconico. Il vento soffia forte, dal mio balcone lo vedo e lo sento fendere gli alberi, sferzandoli con taglio deciso.

Mi sono appena svegliato. La mia casa è gelida. Mi alzo dal letto per accendere il camino. Mi auguro che lo scoppiettio delle braci unito al tepore possa migliorarmi l'umore, uggioso come questa giornata.

Mi siedo vicino al focolare e dal mio computer faccio partire "By The Sea... And Other Solitary Places" degli Annabel (Lee) (2015).

Le immagini distorte della copertina mi hanno catturato, rievocandomi alla memoria tempi e luoghi passati.

Il disco parte. Bastano pochi istanti e trattengo a fatica le lacrime.

L'aura lemurea di Annabel (Lee) mi avvolge, la chitarra folkeggiante di Richard E, pizzicata delicatamente, mi scava dentro, nel profondo.

In una manciata di secondi mi ritrovo a vagare lontano, verso lidi ignoti. La mia mente si libra distante, quasi in preda ad una trance sciamanica.

Eccomi! Sono in uno sperduto maniero, completamente abbandonato. Sento nell'aria l'effluvio di stanze dimenticate, di cameriste che furono, vedo la polvere accumulatasi sul mobilio, l'umidità dei muri, le ombre di chi abitava (e forse abita ancora) questa residenza, oramai lasciata al suo solingo destino.

Introietto la lirica di Poe, odo la voce ammaliatrice di Annabel che come una sirena mi attira a sé. Il riverbero del Jazz, la poesia del Folk, la drammaticità del Soul, i fiati delicati, il piano soffuso e spettrale adorno di ragnatele. Non posso e non voglio resistere. Mi abbandono anima e corpo all'ascolto.

Sogno o son desto?

Sto andando alla deriva, sto naufragando dolcemente. Voglio perdermi, annegare nel mare fosco e non risalire più.

Come può trattarsi di un sogno... Eppure sembra tutto così vivido, ma al contempo tragicamente sfumato. Sento di non avere più il controllo totale delle mie sensazioni e dei miei ricordi...

Le mie reminiscenze stanno fondendosi con immagini e parole lontane. Rincorro fantasmi inafferrabili, spiriti evanescenti che non vogliono che io abbandoni questa mia nuova dimora. Vedo le loro vesti consunte, le pareti anticamente arredate, lo sfarzoso mobilio principesco incautamente dimenticato.

Le anime sono ancora qui, la loro vita vissuta, seppur a tratti impalpabile, respira ancora.


In questo dolce incubo, in queste camere obsolete è possibile rievocare Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Nina Simone, Sarah Vaughan e persino Beth Gibbons, senza dimenticare gli echi della musica classica di Ravel e Debussy.

Lentamente ritorno alla realtà.

Purtroppo l'album è finito, la magia è scemata e mi ricongiungo di nuovo col mio corpo, qui in casa mia, sulla mia poltrona, di fronte al camino.

Mi sento meglio, ma al contempo avverto uno strano vuoto. Mi mancano quegli ambienti, desidero già farci ritorno.

Del resto fuori diluvia ancora, il vento è spietato, il tepore continua a riscaldarmi ed improvvisamente sento in me una voce che mi chiama e mi dice:

“I shall never leave you”.

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