Sarò troppo buono, sarò stato ammaliato dal sex appeal della De Filippi, fatto sta che non credo che i Talent Show siano i colpevoli dell'infimo livello medio della musica italiana, e non, di oggi. Capiamoci, stiamo parlando di un prodotto televisivo obbrobrioso in cui, per di più, la musica viene trattata su per giù allo stesso modo della salma di GG Allin, però l'idea che, se non ci fossero i Talent, saremmo circondati da tanti nuovi Talking Heads e Minutemen non mi convince.

Il disco che vado a recensire è l'ultima uscita discografica di una cantante lanciata proprio da quello che, tra tutti i Talent, ha la sorprendente capacità di riassumerne gli aspetti più ripugnanti (ragazzine urlanti tra il pubblico, ragazzine urlanti tra i concorrenti, Costanzo), ovvero Amici ed è "Non so ballare" di Annalisa Scarrone.

Bene, il fatto che su un piatto della bilancia ci siano i trascorsi Amiciani mi costringe ad una noiosetta lista di meriti o comunque di qualcosa di Rooock ‘n' rooooaaaall che aiuti a scacciare il fantasma brutto&cattivo della De Filippi (and friends) e a controbilanciare, almeno in parte, la situazione. Allora, Annalisa Scarrone ha studiato nei primi anni della sua esistenza chitarra classica, flauto traverso, pianoforte e canto con un'insegnante d'impostazione jazz. Inoltre, ha fatto parte di una band metal e di un progetto di musica elettronica (un duo per la precisione, chiamato Elaphe Guttata). Ma aldilà di questo, che comunque dimostra una certa propensione verso la musica "autentica", la cosa che mi ha incuriosito sono, molto banalmente, i suoi gusti musicali. Sinceramente, quando sento dire da una persona che ha l'aspirazione di fare la cantante di professione che non sa chi siano David Bowie e Lou Reed (questo è il caso di Alessandra Amoroso) mi cadono le braccia ma comunque, anche più in generale, credo che la cultura musicale media dei cantanti che vengono sfornati da Amici non si spinga aldilà di Gianna Nannini. Almeno per quanto riguarda questo capitolo, Annalisa Scarrone si dimostra dieci spanne sopra la media (non ci vuole tanto, voi direte...), infatti vanta tra i suoi gusti musicali gruppi e artisti non proprio immediati (almeno per quanto riguarda la sopracitata media) come Portishead, Sigur Ros, Radiohead, Nick Cave, Joni Mitchell e, per restare all'interno dei confini nazionali, Mina e Luigi Tenco.

Voi direte embè? Basta questo?!? No, assolutamente! Se bastassero i buoni gusti e i buoni propositi per fare buona musica, oggi non avremmo centinaia di gruppetti pseudo-punk che sostengono di essere stati influenzati dai Misfits, perciò ritornando alla nostra Annalisa (dai, su, da bravi, lo so che la fantasia della ragazza carina coi vostri stessi gusti musicali ce l'avete anche voi...NON LASCIATEMI SOLO) bisogna poi, cominciare con l'oneroso compito di valutare il suo percorso artistico in sé e per sé. La mia personale sensazione è che ci sia da parte di Annalisa un lento ma costante tentativo di avvicinarsi a certi sentieri poco esplorati dalla musica pop italiana (ok Emma, ok Alessandra Amoroso ma non è che si prendono in considerazione, ad esempio, la Pausini e Ramazzotti la situazione cambi); questa sensazione mi è data da certi indizi presenti nell'ultimo album come le sfumature nordiche oppure la presenza di certi strumenti non proprio usuali (basso tuba, sax...), oltre al suo background di cui si è parlato precedentemente. Per essere chiari, non è un capolavoro e non sono nemmeno sicuro che lo si possa considerare un bell'album; metà disco è trascurabile e nell'altra metà, solo in tre o quattro canzoni sono presenti, contemporaneamente, arrangiamento interessante, minimo sindacale di originalità e testo non esageratamente banale (in particolare Alice e il blu, Io, tu e noi, e La prima volta) però sarà per il fatto che Annalisa sa cantare (basta col luogo comune che quelli che escono dai Talent sanno cantare ma non sono originali...per la maggior parte dei casi non sanno manco cantare!) o per una certa sobrietà d'altri tempi del personaggio in questione, fatto sta che pure nelle canzoni meno valide si possono scorgere alcune sfumature interessanti e alla fine dell'album qualcosa rimane (e non sono di certo gli istinti omicidi/suicidi post-ascolto dei Modà), perciò dal mio punto di vista, se la qualità oggettiva dell'album è discutibile, è quantomeno palese il fatto che questo si collochi in una categoria totalmente differente da quella dagli album pubblicati dagli altri talentini.

Dopo tutte queste parole su Annalisa (Aho, non è mica facile, mica sono i Pixies!) è chiara una cosa: per riuscire ad ascoltare con serenità questo album bisogna superare una certa serie di ostacoli e barriere e ciò richiede un grande impegno; sembra paradossale ma per certi versi è più complicato ascoltare (nemmeno apprezzare, anche solo ascoltare) questo disco rispetto a gruppi oggettivamente più complessi e ricercati, soprattutto se si ha l'orecchio abituato ad una certa qualità. Arrivando al dunque, la fatidica domanda è: ne vale la pena? Vale la pena questa specie di sforzo al fine di apprezzare Annalisa? Per quanto mi riguarda non lo so, forse per ora no, però boh, visto il suo background musicale ed il lento ma costante miglioramento dei suoi prodotti, io un euro virtuale su di lei ce lo scommetterei (....il che è di importanza relativa dato che, a settembre, un euro virtuale l'avevo puntato su Acerbi, sigh......).

Carico i commenti...  con calma