Al mondo ci sono milioni di malattie. Tra queste mi preme ricordarne due in particolare oggi, entrambe riguardanti l'approccio alla musica di molti di noi.

Una è quella strana forma di pazzia che ti prende quando scopri un gruppo grandioso ma sconosciuto e pensi subito che quello sarà il gruppo della tua vita, che un giorno quelli faranno successo e tu potrai dire: "Io c'ero quando Tizio non lo conosceva nessuno mentre voi no!" E dopo poco tempo dirai a tutti "Eh ma voi non c'eravate quando Tizio era davvero bravo, ora ormai è un po' commercialotto!" nonostante Tizio suoni sempre le stesse canzoni, nonostante Tizio prima lo conoscevi solo tu, ora lo conoscono altre tre persone, quattro al massimo. L'altra malattia è forse ancora più grave e potrei dargli anche un nome di una persona con un suo sito internet sulla storia del rock, ma siccome all'inizio di questa recensione ho "spuntato un quadratino" dove affermavo tra le altre cose di non attaccare nessuno personalmente pena l'esclusione della mia recensione (non so se sia mai successo poi) mi limiterò a dire che questa ti porta a ingigantire i fenomeni underground a discapito dei "commerciali" che si vendono, e così viene fuori che i Beatles sono merda perchè vendono, i Pink Floyd pure, così come un milione di altri gruppi. E allora? E allora mi preme dirvi che anch'io sono stato affetto da tali malattie ma cerco sempre di liberarmene, come sto facendo in questo momento, con questa recensione.

Il gruppo di cui vi vado a parlare sono gli Ant Trip Ceremony, un gruppetto di hippies californiani di cui si sa poco o nulla che parteciparono, come altre decine di gruppi, al movimento acido-psichedelico di San Francisco.
Oltre alla splendida copertina, mi preme ricordare come questo disco sia stato per lunghissimo tempo introvabile, poichè la prima e unica stampa (fino a poco tempo fa) fu di sole 300 copie, vendute al fantomatico prezzo di 3 dollari l'una, e scommetto che anche allora chi comprò il disco se lo tenne ben nascosto, aspettando il loro boom, non sapendo che di li a poco sarebbero scomparsi nel nulla.

Ma veniamo al disco: cosa faranno mai questi Ant Trip Ceremony da meritare una recensione nel 2007, quasi quarant'anni dopo la loro unica uscita? Da quel che ho letto allora erano addirittura considerati come i Grateful Dead della zona, in quanto i loro selvaggi concerti erano frequentati da centinaia di ragazzi in cerca della "fuga psichedelica" (purtroppo non vi è nessuna testimonianza di tutto ciò, ma confido nell'infido music business capace di tirar fuori inediti e rarità da ogni dove!). Sono solito non fare una recensione track by track, per la barbosità di tale operazione e in questo caso ne vedo ancora meno l'utilità dato che il sound di queste band "acide" non può essere descritto con 3 parole per canzone.

Il disco, come molti all'epoca, presenta cover e composizioni originali. Tra le prime senza dubbio spicca una divertente e scanzonata Little Baby (tipico blues dell'epoca), un'insolita "Violets Of Dawn" di Eric Andersen, all'interno della quale si inserisce il flauto di Stein (chitarrista della band ma polistrumentista in realtà) che dopo un solo accompagna la dolce musica degli altri, e una immancabile e brillante Hey Joe (pezzo d'obbligo per l'epoca). Tra le seconde vanno ricordate una "Four In The Morning", in un certo senso accostabile a "Hey Joe" per il carattere etereo, all'interno della quale fa di nuovo capolino il flauto di Stein, questa volta accompagnato da batteria e chitarra. Una divertente e quasi western "Locomotive Lamp" che altro non può farci venire in mente che un treno solitario in mezzo a immense praterie. Infine "Elaborations", senza dubbio il brano guida di tutto il lotto, una lunga e contorta suite psichedelica di oltre sette minuti dove Steve (fondatore della band) ci accompagna con la sua chitarra accordata in modo da far somigliare il sound a quello di un sitar, le cui note si intrecciano splendidamente con il flauto di Stein, anche nei pezzi più veloci.

Insomma se amate la psichedelia, se avete ascoltato un miliardo di volte "Live/Dead", se avete consumato i vinili dei Jefferson Airplane, se il vostro stereo non ne può più di Quicksilver Messenger Service, concedete un'opportunità a questi misteriosi hippies, chissà che la prossima volta che conoscerete una fantastica e sconosciuta band non vorrete tenervela tutta per voi e mi darete un prezioso suggerimento.

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