Verrebbe da citare Ritorno al Futuro oppure Harry Potter e Il Prigioniero di Azkaban, Blockbuster che in comune vantano i viaggi nel tempo come una tematica cara condivisa dagli appassionati di sci-fi fantasy e fantascienza.

Alice Attraverso Lo Specchio di James Bobin parla di viaggi nel tempo per esempio.

Mi era piaciuto da morire il già citato Harry Potter, nel quale Harry ed Hermione, tornando indietro nel tempo, dovevano preoccuparsi di cambiare il futuro senza farsi vedere e scoprire.

In Avengers: Endgame dei fratello Anthony e Joe Russo, accade qualcosa di annesso, giungendo pertanto al primo cardine della pellicola: il souvenir dei film passati. Con tale artificio lo spettatore gode di un duplice effetto.

Il primo, chiudere una saga proiettando il fan nei ricordi di Avengers, The Winter Soldier, Guardian of The Galaxy ecc; il secondo, ai fini della trama stessa.

Ragazzi che capolavoro l’ultimo capitolo della Infinity Saga dei Marvel Studios, cominciata nel 2008 con Iron Man e diretto dallo stesso Happy Aka Jon Favreau.Il titolo letteralmente “fine del gioco” ci lascia pensare ad una partita a scacchi ormai in conclusione, fine preannunciata già da Dottor Strange (Benedict Cumberbatch) dopo aver consegnato a Thanos (Josh Brolin) la gemma del tempo e dire <<we are in the Endgame now>> “noi siamo alla fine del gioco ora” annunciando involontariamente ai fan il titolo del film che doveva chiamarsi Infinity War parte seconda.

Invece questo nomenclatura, solenne e disperatamente necessaria, era proba destinata a chiudere 11 anni di cine fumetto.

La comicità non manca come non mancava nei film precedenti, questa volta innaffiata da un’abbondante dose di kitsch e fan service che trova il suo apice maggiore nei personaggi come Thor (Chris Hemsworth), l’intento era di creare una pellicola per il fan e in concomitanza chiudere una schiera di film, in tal casistica, i due registi hanno fatto strike.

Ma di cosa parla questo Avengers 4?

Ci mostra di come i nostri eroi nella loro formazione originale Cap (Captain America Chris Evans), Iron Man (Tony Stark Robert Downey Jr.), Vedova Nera (Natasha Romanoff Scarlett Johansson), Thor, Hulk (Bruce Banner Mark Ruffalo) e Occhio di Falco/Ronin (Clint Barton Jeremy Renner) dovranno porre rimedio al danno causato dal terribile despota Thanos: il titano invulnerabile possessore delle gemme dell’infinito; in sordina: gemma blu dello spazio, gialla della mente, rossa della realtà, viola del potere, verde del tempo.

I cristalli scagliati agli albori della nascita dell’universo che uniti da un guanto magico catalizzante la loro energia, costituiscono l’arma definitiva nelle mani sbagliate. Un po’ come gli anelli del potere di Sauron oppure gli Horcrux che rendono invulnerabile Voldemort. Ma sapete cosa differenzia un Thanos e il suo guanto dagli altri Villain? Non è il carisma, anche se egli ne ha bizzeffe; ne tantomeno è la potenza, ugual modo. No, nulla di questi attributi basterebbero a descrivere un cattivo meglio. La forza di volontà, l’attributo che accomuna gli eroi Avengers, al loro nemico. Sto parlando del secondo cardine della pellicola, proprio il nefasto antagonista Thanos.

Egli si definisce ineluttabile come il destino stesso. Si, direi, poiché in Infinity War episodio che precede Endgame, era riuscito a schioccare le dita e a spazzare via metà della popolazione dell’intero universo. Nel film le sue ragioni sono volte aldilà dei fini etici <<il fine giustifica i mezzi>> frase emblematica del genio Machiavelli nella sua opera il Principe: “Per raggiungere il fine di conservare e potenziare lo Stato, viene popolarmente e speculativamente attribuita a Machiavelli la massima "il fine giustifica i mezzi" secondo la quale qualsiasi azione del Principe sarebbe giustificata, anche se in contrasto con le leggi della morale”.

Il suo scopo ultimo è riequilibrare la bilancia universale, ormai compromessa dalla sovrappopolazione di tutti gli esseri viventi presenti nel cosmo. Una storia forse già sentita, magari nel fumetto dell’altra grande casa collegata alla Marvel, Watchmen della DC comics. Sto esplicando del malvagio piano di Ozymandias.

Di sicuro il plot di Endgame pecca d’originalità ma il comparto tecnico, la coerenza e l’evoluzione dei protagonisti uniti al grande fascio espanso dell’Infinity Saga, pongono Infinity War ed Endgame un’asticella in su rispetto alla concorrenza degli ultimi anni.

Come ho detto prima, l’espediente dei viaggi nel tempo si rivela congeniale per celebrare al meglio ogni personaggio chiave, rivisitandone il percorso emotivo ed intricato da ardue prove fisiche e sentimentali da affrontare nel decorso dei vari episodi. E così Iron Man, Thor e Cap, si ritrovano nel passato con una chance in più per chiarire quelle situazioni, che a causa del lavoro da eroe, avevano dovuto tralasciare. Pertanto, si giunge al terzo aspetto del film dei Russo: l’amore e il senso di famiglia, leitmotiv che spinge Tony, Cap e Thor a esitare lungo il percorso per recuperare le gemme.

Come ci hanno mostrato in Iron Man 2, Captain America Il Primo Vendicatore e Thor: The Dark World, i nostri eroi avevano dei conti in sospeso con le persone a loro più care: Tony con suo padre Howard (John Slattery), Cap con Peggy Carter (Hayley Atwell) e Thor con Frigga (Rene Russo).

Ognuno di loro avrà modo di abbracciare e chiarire per l’ultima volta con le persone a loro più care. Tony che nel film citato su diceva: <<mio padre era freddo, calcolatore. Non mi ha mai detto un ti voglio bene>>, ora invece, capisce che non è così. Thor che non aveva fatto attempo ad abbracciare la cara mamma Frigga, ora può farlo. E Cap? Neanche ve lo dico: e se avete visto Endgame fino alla fine lo sapete già da voi.

Insomma una glorificazione dei personaggi da noi amati che pone l’accento sui sentimenti dove e quando sia giusto. Una delle peculiarità di questa saga, è proprio l’attenzione che i produttori e i registi hanno saputo dare ad ogni eroe, in questo modo noi fan rimaniamo legati ad un prodotto non solo per intrattenimento.

Che tutto questo sia vero lo comprova lo stesso Tony alla fine della pellicola, quando attraverso un ologramma saluta i suoi cari e la sua piccola Morgan e ci dice:

<<Tutti vogliono un lieto fine, giusto? Ma le cose non vanno sempre così. Forse sta volta. Spero che se ascolterete questo messaggio sia per festeggiare, spero che le famiglie siano riunite, spero che sia tornato tutto e si sia ristabilita qualcosa che sia la versione normale del pianeta, sempre che sia mai esistita. Che mondo meraviglioso che universo! Se mi avessero detto dieci anni fa che non eravamo soli... e di altre forme di vita, figuriamoci! Chi immaginava le forze epiche dell’oscurità e della luce che entrano in gioco! Nel bene e nel male, questa è la realtà in cui viviamo e dove Morgan dovrà trovare un modo per crescere. Così ho pensato: meglio registrate un salutino in caso di una prematura dipartita, la mia intendo. Il viaggio nel tempo che faremo domani mi sta facendo perdere il sonno con questo fatto della sopravvivenza. Ma il compito dell’eroe è questo: una parte del viaggio è la fine. Ma perché questo trip? Tutto quanto andrà esattamente come deve andare... ti amo 3000!>>

Tutta l’energia accumulata durante 11 anni di cinema, ci viene restituita nel gran finale.

Un ringraziamento d’obbligo va a Stan Lee l’editore padre di tutta l’Avengers Assemble, a Kevin Feige, presidente dei Mavel Studios e a tutti i registi che hanno accorso per girare le varie pellicole.

Come sostenevo poc’anzi, il finale di Endgame è monumentale: capace di lasciare lo spettatore senza fiato fino alla fine.

Il vero gioco forza del Marvel Cinematic Universe ne costituisce non solo l’ultimo cardine di questo film, ma di tutti quanti gli altri: il crossover, cioè la celebrazione del singolo eroe nella fase iniziale, e l’assemblaggio che li riunisce tutti nel proseguo.

Un’operazione folcloristica e commerciale, ma oggigiorno nuova che ha convinto il fan sia per la freschezza, sia per la levatura dedicata ad ogni eroe.

Io vi saluto dato che ho parecchia merda da sistemare.

Federicocope per Debaser.

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