I topi non avevano nipoti.
Ci sono cose reversibili e altre irreversibili. Parti della nostra vita che siamo in grado di cambiare e altre, si sa, che dobbiamo accettare così come sono accadute. Eventi cruciali che creano disordine, e cui spesso reagiamo in maniera sbagliata, inconsapevole, egoistica.
Pietro Paladini ha salvato una vita, ma poco dopo ne ha persa un'altra. Lara ha lasciato il marito e la figlia Claudia. Nel giro di cinque minuti, a partire dai titoli di testa. E' un momento difficile per i protagonisti e per lo spettatore stesso, che si trova a trattenere le lacrime appena sedutosi sulla poltrona. Contenersi non è faticoso, ma il fiato va via ugualmente. L'istinto paterno di Pietro lo porta a rimanere fuori dalla scuola della figlia, per tutto il giorno: abbandona così la sua sede di lavoro, i colleghi lo vengono a cercare, e nel frattempo fa nuove conoscenze. Gente con cui non parla mai, ma con cui scambia gesti e brevi sguardi, che nel loro piccolo hanno un valore essenziale. All'intervallo, Claudia si affaccia alla finestra e saluta il padre, che le sorride.
I giorni passano, tra un panino al bar e un colloquio d'affari. Da quella panchina Pietro vede il mondo con calma, fa ordine nella mente, crea elenchi di parole, di fatti vissuti, si sforza per placare quel tremendo caos dentro di sé. E' il solo modo che ha di reagire di fronte ad una tragedia. E di conseguenza anche la figlia si dimostra molto introversa, si comporta sin troppo normalmente. Nel mezzo di questa situazione delicata, Pietro conosce la donna che salvò quel giorno, in mezzo alle onde assassine. Un incontro destinato a ripetersi, in una scena di immensa drammaticità, sospesa fra sogno e reale, davanti alla quale non si può che restare in silenzio, a occhi spalancati, senza fare commento alcuno. L'apparente ritorno alla normalità segnerà proprio la fine, dove ciò che oramai appariva irreversibile, riesce a ritrovare un equilibrio, anche se molto instabile; una pace momentanea, dove non servono parole per capirsi. Pura magia.
Il regista non è Nanni Moretti, e si vede, ma è chiara la sua fondamentale presenza nella scrittura della sceneggiatura. E' tra l'altro impossibile non fare un paragone con "La stanza del figlio", essendo "Caos calmo" un probabile parallelo di esso: due vicende ripetute in modo differente, la morte del figlio, poi della moglie; due modi di reagire piuttosto simili, con sfoci di disperazione rari, anzi in una volta sola; un solo protagonista, lui, l'unico che potesse rendere in maniera perfetta il soggetto. Chi non apprezza le sue recitazioni non solo non capisce come si debba fare del cinema oggi, ma non ha nemmeno un cuore per cogliere la passione con cui Pietro Paladini viene reso in carne ed ossa.
Certo non mancano alcuni momenti di ilarità tipicamente "morettiana", che insaporiscono gioiosamente questa pellicola fondamentalmente drammatica; sono di quelle risate strane, che già 30 anni fa sapeva donare a chi potesse coglierle.
Avrei avuto, credetemi, molte più cose da dire su questo film, riflessioni che erano nate proprio durante la visione: ma mi sono accorto che gli sguardi, i minuscoli gesti compiuti dai personaggi non possono essere riportati né su scritto né a voce. E' necessario vedere questo film, poiché nessuna descrizione sarà davvero accurata nel rappresentare quella sorta di poesia, lunga un paio d'ore, che lascia ammaliati, in balia del puro sentimento cinematografico.
Uscito dalla sala, oltre a sentirmi come poche volte nella mia esistenza, non sapevo cosa dire. Avevo un leggero malessere allo stomaco, e mi sono reso conto che non era un film facile, per quanto riguardasse i temi, ma che dovevo assolutamente vedere, e che anzi avrei dovuto vedere molto tempo prima. Arrivato a casa, tranquillo, seduto sul mio letto, ho capito che nel profondo della mente, nell'angolo più remoto, mi ero riconosciuto in Pietro senza accorgermene. Ho rivissuto gli ultimi mesi della mia vita e mi sono immaginato sopra a quella panchina, davanti alla scuola Ugo Foscolo, a guardare un ragazzino down passare con sua madre, una ragazza portare a spasso il suo cane, e una bambina salutarmi da una finestra. E ho pianto.
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