16 novembre 2007: dopo quattro anni di silenzio discografico, interrotto dal dual disc (cd + dvd) "Campus Live" (novembre 2004) e dalla tripla compilazione antologica "Diamanti" (ottobre 2006), finalmente Antonello Venditti torna sul mercato discografico con questo nuovo cd di inediti, intitolato "Dalla pelle al cuore", ovvero dall'istinto di "pelle" al sentimento vero, cioè al "cuore".

Antonello è sempre stato un cantautore di "pelle": la maggior parte della sua produzione nasce da un germoglio che fiorisce "di getto" nutrendosi appunto dell'istinto ispirato ed enfatico dell'artista romano, che si riflette perfettamente nelle interpretazioni vocali dei brani: Antonello possiede indubbiamente una delle voci più limpide e potenti nel panorama musicale italiano, ed è proprio la sua interpretazione vocale, sanguigna, "sentita", che rende immortali le sue canzoni più belle di sempre (che non sono necessariamente le più famose), si pensi a "Le cose della vita", "Campo de' Fiori", "Lilly", "Compagno di scuola", "Modena", "Maria Maddalena", "Ma che bella giornata di sole", solo per citarne alcune.

Purtroppo è palese, da almeno tre dischi fa, il progressivo prosciugarsi della vena compositiva e lirica del miglior Venditti, e, diciamolo subito, "Dalla pelle al cuore" non fa eccezione. Se "Prendilo tu questo frutto amaro" (1995) era una brutta copia di "in questo mondo di ladri" (1988) e "Benvenuti in Paradiso"(1991), in cui il "cantautore" non dimostra affatto di esse tale (la title-track, cover di "Bitter Fruit" di Little Steven, è semplicemente orrenda), se "Goodbye Novecento" (1999) poteva dire addio al millennio in modo molto (ma molto!) più convincente, se in "Che fantastica storia è la vita" (2003) Antonello, cercando di risollevarsi, ricasca e si fa (e ci fa) molto male consegnando ai posteri il lavoro più brutto (a parere dello scrivente) della sua carriera (inascoltabile il duetto con Francesco De Gregori in "Io e mio fratello"), in questo "Dalla pelle al cuore" ancora latita (e molto) la vera musica di Antonello, sempre più coadiuvato in fase di composizione da molteplici collaboratori, ma, a favore, si deve riconoscere il maggior impegno profuso nella redazione delle liriche.

Il "concept" (ma, sia chiaro, non siamo assolutamente in presenza di un concept-album, come si è potuto leggere in qualche prima recensione on-line) è quello del "tradimento" e del "perdono": il rinsavire dagli istinti che portano al tradimento, la successiva redenzione e la ricerca del perdono, nonché della pace esistenziale. Venditti esaminerà tale tematica in modo alquanto efficace e convincente (la bellissima e "vera" "Tradimento e perdono", l'"inaspettata" "Giuda"), in maniera scanzonata ("Comunisti al sole") e, ahimè, terra-terra ("Dalla pelle al cuore").

Il disco si apre con la title-track, già in programmazione radiofonica e sulle piattaforme digitali dal 12/10 u.s., quale succulenta (!?) anticipazione dell'imminente nuovo lavoro. Ma in questo brano di succulento c'è ben poco, semmai c'è molto di insipido e di scotto. Metafore culinarie a parte, la prima canzone è una fra le meno belle e fra le più banali del cd: testo buttato lì in due minuti e musica, scritta a quattro mani con Andrea Guerra (notissimo compositore di recenti colonne sonore per film) che riprende il tema di "Mille figli" (da "Prendilo tu questo frutto amaro") e il "da va da va da va dan" di "Benvenuti in Paradiso"(solo che qui sembra interpretato dagli Zero Assoluto...).

Si prosegue con una delle più piacevoli sorprese del disco: "Piove su Roma". Bello e coinvolgente il testo, ricco di suggestive immagini, potente il cantato (la migliore interpretazione di tutto il disco), notevole la parte musicale, molto vendittiana sebbene co-accreditata a Carlo Fadini, e spiazzante l'arrangiamento, con la melodia distesa su un tappeto di archi (purtroppo sintetizzati) che sfocia nell'assolo di sax del grande Gato Barbieri, gustosa ciliegina sulla torta. Assente ogni traccia di percussioni.

Una rumoristica di pioggia (di pinkfloydiana memoria) unisce in dissolvenza (...di pinkfloydiana memoria!) "Piove su Roma" con il brano successivo, "Scatole vuote". Canzonetta orecchiabile e niente più, un (per fortuna breve) riempitivo che di Venditti ha poco o niente (co-autore il polistrumentista Alessandro Canini, e forse spetta tutto a lui l'onere della musica) e che lascia un po' il tempo che trova.

Un riff di chitarra uscito dalla penna e dal plettro di The Edge (sembra di ascoltare "Pride" degli U2...) apre la successiva "Indimenticabile" che, invero, di "Indimenticabile" non ha assolutamente niente. Trattasi del classico brano-traino ballerino che si regge sul ritmo pompato dai bordoni di basso del veterano Fabio Pignatelli, dalla batteria (campionata e suonata) del fido Canini e dalle quattro (!) chitarre elettriche degli altrettanti Canini (ancora lui), Toti Panzanelli, Maurizio Perfetto e Marco Rinalduzzi. Complessivamente il brano non dispiace all'ascolto, ma non verrà certo annoverato negli annali della musica italiana. Co-autore è il "sanremese" Maurizio Fabrizio. Sarà il secondo singolo estratto dall'album.

Ed arriva "Giuda" che ci riporta le atmosfere del "Venditti anni'70" (il migliore in assoluto, quando aveva e ne aveva davvero di cose da dire!). Un dialogo tra Giuda e Gesù (come non ricordare "A Cristo", da "Quando verrà Natale"!) ma, di fatto, tra comuni mortali che tradiscono per presunzione e debolezza (due facce della stessa medaglia). E non è forse vero che il "tradito" incapace di perdonare il "traditore" e satuto di risentimento rimane per contro avvolto da uno speculare senso di solitudine? Sensazioni affrescate nell'arrangiamento del brano grazie all'uso straziante dei sintetizzatori. Musicalmente non è il miglior brano di Antonello (coadiuvato ancora da Fabrizio), e neanche di ascolto immediato, ma sicuramente ci ripropone (finalmente!) un Venditti Cantautore con la "C" maiuscola.

Ed ecco "Tradimento e perdono", miglior traccia del cd e miglior brano (insieme a "Lacrime di pioggia" da "Che fantastica storia è la vita") tra la più recente produzione di Venditti. Testo e musica interamente suoi, e questo brano è indiscutibilmente suo: Antonello ricorda e ci ricorda del tragico epilogo di Agostino Di Bartolomei, capitano della Roma dello scudetto 1982-83, di Luigi Tenco e di Marco Pantani, lasciati da soli a "morire": "se ci fosse più amore per il campione" oggi sarebbero qui, campioni nello sport e nella vita, che loro stessi hanno tradito. E come non condividere il fatto che "questo mondo coglione piange il campione quando non serve più": quante cose diffamatorie si sono dette sul "Pirata", e quante lacrime di coccodrillo si sono versate successivamente, mescolate al falso risentimento di chilometri di parole inutili e meschine, dette perché andavano dette?

Note di chitarra "alla Ligabue" introducono "La mia religione", canzone in cui Antonello, unico responsabile sia di testo che di musica (..."alla Ligabue"), espone il suo credo: molto bello è il verso "vivere senza catene, senza porre confine tra l'amore assoluto e la ragione, è la mia storia, è la mia religione". Musicalmente trattasi di un brano piacevolissimo all'ascolto, forse quello che rimane immediatamente impresso nel cervello (insieme alla title track), ma lascia abbastanza interdetti il fatto che "Bambolina e Barracuda" ci si sovrapponga così bene... provate a canticchiarlo imitando la voce del Liga!

Arriva Dicembre e con esso i "Regali di Natale", in cui riascoltiamo il Venditti di "Amici mai": gli accordi sono praticamente gli stessi ed il solo di sax by Amedeo Bianchi sul quale scivola via (troppo in fretta) la canzone è praticamente lo stesso by Amedeo Bianchi sul quale scivola via "Amici mai". Comunque una bella canzone (scritta con Fadini), ma assodata la suddetta somiglianza non potrebbe essere altrimenti...

Si chiude con "Comunisti al sole", in cui Antonello ammonisce un comunista della vecchia guardia che si lascia trasportare da certe e misconosciute velleità alla Flavio Briatore, abbronzatura perenne inclusa! Canzonetta simpatica e divertente, uno sfottò forse per coloro che "hanno il cuore a sinistra ed il portafoglio a destra" (...ma tra questi bisognerebbe includere lo stesso Venditti?), musica facile facile in comproprietà con Antonio Giampaoli, ma palesemente Vendittiana. Alla batteria figura Carlo Verdone (sebbene coadiuvato da Alessandro Canini: c'è da chiedersi su quanto ci sia effettivamente di Verdone tra un battere ed un levare!).

Complessivamente un disco buono, nettamente migliore dei tre precedenti, sebbene non ci riporta il miglior Venditti in assoluto, quello impegnato ed "incazzato" dei '70, quello tutto sentimenti, tastiere e batterie esplosive degli '80 e quello paraculo (ma ancora ispirato) del primi '90. Un lavoro in cui è purtoppo presente una evidente dicotomia tra brani leggeri e di spessore, questi ultimi apprezzabili in pieno dopo un ascolto attento, ripetuto e meditato. Da un punto di vista prettamente "uditivo" si sarebbe potuto migliorare il suono di batteria, renderlo più vigoroso e meno smorto, si tenga a memoria il suono secco e vigoroso presente su "In questo mondo di ladri" e "Benvenuti in Paradiso".

Produzione affidata al solito e plurititolato Alessandro Colombini.

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