Sempre più in basso Venditti con questo nuovo album, il primo ad essere esaltato più nella versione CD. Un pasticcio di canzoni scialbe, autoplagi spudorati e brutte copie. "Ogni volta" è la brutta copia di "Ricordati di me", ma se copi una cosa ben riuscita è facile che questa sia comunque non disprezzabile. "Tutti all'inferno" è la brutta copia di "In questo mondo di ladri", ma questa volta il Venditti post-Tangentopoli manda tutti nel fuoco "i ladri", ovvero i rappresentanti della Prima Repubblica, cavalcando l'onda dello sdegno generale. Come se poi la Seconda Repubblica ci avrebbe e avesse riservato grandi cambiamenti... "Vento selvaggio" è la brutta copia di "Miraggi" coinvolgente episodio del 1988, ma a differenza della precedente ha un testo monotono e spoglio dei giochi di parole tipo "quando non guarda guardi lui" che risultavano intriganti. Poi la musica è moscia per allungare la durata di pezzi senza una grande sostanza lirica. Ma ad un tratto ecco la mosca bianca, in positivo, del disco: "Eroi minori", dedicata ai ragazzi della scorta di Falcone e di Borsellino, una canzone dove l'impegno vendittiano e il senso storico sembra emergere come non accadeva da anni. Tangentopoli e stragi di mafia i due grandi centri sociali di questo disco, quindi, insieme al passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica. Già, la "nuova Repubblica" in cui Venditti dichiara di non avere nessuno che gli somiglia, nella musicalmente agghiacciante title-track, "Prendilo tu questo frutto amaro", cover di "Bitter Fruit" di Steven Van Zandt. Un brano tutto sommato mediocre, una "brutta cover" ben lungi dalla buona "Alta marea" di quattro anni prima, nel quale Venditti è fin troppo diretto, e parla di "presa pe' culo" (mi viene in mente la, di dodici anni, successiva "Piove su Roma" dove si dice "tempo di merda"...) oltre ad essere ruffiano e cavalcatore del momento, insistendo sul concetto di "giustizia". Personalmente l'album finirebbe qui, se non fosse per i tre riempitivi, che ascolto ascolto ma non memorizzo, "Parla come baci", "A che gioco giochi" e "1000 figli", ma forse è un mio limite e magari saranno anche migliori delle canzoni succitate.
"Prendilo tu questo frutto amaro" sembra quindi l'invito che Antonello Venditti fa all'ascoltatore riferendosi al disco, oltre che il metaforico frutto amaro che il cittadino deve assaggiare nel primo periodo del Ventennio Berlusconiano. A proposito di brutte copie, anche la copertina lo è, in quanto riprende quella di "Benvenuti in paradiso", con questo alter-ego del Nostro, cartone animato, appunto non più concreto e forse doppiogiochista (verrebbe la voglia di dire "A che gioco giochi"?) e questa volta anche con le donne animate che lo circondano, che dovrebbero essere i cori femminili di "Tutti all'inferno" (banale contrapposizione al paradiso del disco precedente), ma in senso lato, la sostanziale supremazia della donna e del frivolo sull'impegno, ridotto anch'esso a prodotto di spettacolo.
Ma il peggio deve ancora arrivare, basterà attendere "la fine del Novecento", di cui Venditti, riferendomi ai lavori degli anni '70, è stato un degno rappresentante. Poi la vita, tornerà, chissà come, "ad essere fantastica".
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