Uno scrittore esperto, e prolifico, come il buon Antonio Manzini, ben noto al pubblico per aver inventato il commissario Schiavone, poi interpretato dal buon Giallini in una serie tv (mediocre), ha recuperato/ripreso un vecchio manoscritto, che era stato messo in naftalina, per darlo in pasto ai Fans, o all'editore (Sellerio) che su questi autori spera sempre di vendere abbastanza copie da coprire i costi di produzione. Stiamo parlando di "La mala erba".
Perché ne scrivo? Perché mi piace Manzini e perché senza dubbio è una lettura piacevole (o poco impegnativa per chi legge per relax). Lo stile di Manzini è scorrevole, asciutto, netto e ben strutturato. Ma "La Mala erba" non arriva dove dovrebbe. Si vede e si sente che è un lavoro secondario, e non perché manchi lo spessore narrativo. I personaggio non sono delineati con profondità e i fatti del romanzo hanno una lieve sfaccettatura grottesca.
Ed ora la trama e qualche considerazione.
La protagonista è una ragazzina, una adolescente, che attraversa un percorso di crescita, compie una evoluzione e arriva, dopo un breve travaglio di sofferenze e decisioni difficili, a sbocciare. Però è difficile legare con lei, immedesimarsi, a meno che non siate, come lei, incompiuti e in un arco di tempo relativamente breve, siete stati in grado di sciogliere qualunque nodo (economico, sociale, sessuale, prospettivo, e chi più ne ha più ne metta), capire chi siete e cosa volete, prima della maggiore età, trovando un equilibrio degno di un personaggio fiabesco, insomma, manca solo il "e VISSE felice e contenta" e ricca e realizzata, aggiungerei io. Nei romanzi dei russi il travaglio di una vita culmina quasi sempre in una sconfitta, qui, in pieno stile Disney macchiato di progressismo, la principessa si realizza dopo una lotta relativamente breve e, come al solito, il cattivo (i cattivi) la paga salatissima. E la suspense, aimé, decade in fretta. In conclusione: lettura da spiaggia. In pratica: leggetevi la saga di Schiavone, ha tutt'altro spessore.
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