Il Sudamerica è una terra tanto remota quanto affascinante, e certo non mi riferisco solo all'aspetto squisitamente esotico o alle brasileire che si vedono sugli spalti; non fermiamoci davanti alle tristi barriere del volgo. Mi riferisco anche a quel fenomeno oscuro e brulicante che prende il nome di "underground", che ha messo le radici anche in questa regione fertile e rigogliosa. Piatto ricco mi ci ficco, ho pensato, e così, dopo aver scoperto i deliziosi Inquisition, mi sono buttato in una ricerca compulsiva, riemergendo infine dal vortice delle tenebre con un piccolo cimelio occulto: trattasi di "Vol.4", ultima opera (2010) dei brasiliani Apokalyptic Raids.

E'vero che non si dovrebbe mai giudicare un libro dalla copertina, ma in questo caso la cosa non è inopportuna. Basta solo leggere il suo nome per intuire quale sia l'influenza principe di questo trio: Hellhammer per ogni dove e goni nota, e già questo al sottoscritto, uno che dietro agli "UH!" di Tom Warrior ci è impazzito, è garbato non poco. Ma non è certo tutto: questi scalmanati ci conquistano già con la prima traccia, "Nightmare (In Frost And Fire)", dove il leader Necromaniac (voce e chitarra) si risveglia dopo pochi istanti con un grugnito degno del lunedì mattina. UH!

Insomma, le buone premesse ci sono tutte, ed ecco che i tre malefici giovani virgulti si immergono a capofitto in una tetra atmosfera che non cala mai e si mantiene su livelli da pentacolo per tutti i dannatissimi 36 minuti, complice una produzione cavernosa a puntino. La lodevole prova del batterista Slaughterer (al secolo Marcio Cativeiro) si snoda attraverso un lavoro in cui l'orroroso si fonde con l'ameno in un mirabile connubio che mi ha obbligato all'acquisto di costose pomate per gli strappi al collo e ha fatto risorgere in me l'orgoglio del metallaro, dopo la tanta, troppa vergogna (i negozianti che ti squadrano in cagnesco, i vicini borghesi, cornuti e insensibili che ti minacciano col forcone della loro fottuta villa di campagna e via dicendo).

Necromaniac si dilania l'anima nel tentativo di evocare i gloriosi anni '80 con un semi-growl che tanto ricorda lo stile del genio svizzero, e ripetendo in modo quasi sistematico i titoli delle canzoni (chi ha detto primi Sodom? Nessuno, lo so), il tutto spalmato su un sound sudicio e sulfureo debitore, e non poco, ai precursori del Black metal (in onore dei quali, alla fine, c'è pure la cover di "Crucifixion" in "Nothing Will Happen". Più di così....). Insomma, i "comandanti della resistenza underground" Darkthrone (ammesso e non concesso che lo siano) saranno anche "the graves of the 80s", ma gli Apokalypric Raids lo sono di gran lunga di più. Perché gli Hellhammer saranno anche scomparsi da parecchio, ma il loro spirito è sempre rimasto. E se è ancora vivo e guizzante lo dobbiamo ai vari adepti sparsi per l'orbe terracqueo, a cominciare da questi tre fanatici. UH!

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