Il tedesco-berlinese Sascha Ring, (in arte Apparat) con Duplex, firma quello che a mio modesto parere andrebbe considerato come uno dei capolavori 2003 in ambito di musica elettronica.
Un equilibrio perfetto tra melodia e sperimentazione, tra astrazione estrema e semplicità domina questo affascinante progetto, sempre in bilico tra melodie accennate, divagazioni e digressioni ritmiche e rumoristiche, inserti glitch, sonorità soffuse e aperture "primaverili", il tutto controllato con un’ottima padronanza tecnica e una visione d’insieme che evita alle singole tracce di scadere nello sperimentalismo fine a se stesso.
Granular Bastard" apre le danze, una scelta quantomeno curiosa e azzardata visto che, trattandosi della traccia più debole e meno completa dell’intero progetto, rischia di ingannare l’ascoltatore "frettoloso" sulle reali potenzialità del cd.
La seconda traccia, "Contradiction", l’unica cantata (oltre a "Wooden"), ammicca alla forma-canzone tradizionale, e anticipa solo nelle ritmiche le destrutturazioni a venire.
Il divertimento inizia da "Steinholz" in poi. Apparat accantona le velleità canterine e si concentra sulla purezza del suono.
Una drum machine distorta su sottofondo di organi , in un crescendo ritmico con interferenze in riverse e in delay granulare, fa da cornice agli inserti di sax eterei appena abbozzati.
Giochi di panning magistralmente dosati introducono l’ingresso dell’hammond all’inizio di "Interrupt"; Wooden inizia su un tappeto di violini che più Sigur Ròs non si può, i consueti reverberi di disturbo ci accompagnano all’attacco della parte ritmica, vere e proprie scudisciate di percussioni campionate e strizzate in ogni modo (il titolo si riferisce per caso al loro suono “legnoso”?); in "Warm Signal" gocce di pianoforte ci tengono in tensione prima di confluire in una melodia supportata da un'unica nevrotica nota di basso in saturazione; l’ottima "Schallstrom" si gioca tutto sul suggestivo giro d’arpa, qui la ritmica procede più regolare, sempre comunque attorniata dai soliti sontuosi disturbi ed effetti vari; "Repeat Till Overload" tiene fede al titolo: ascoltiamo un semplice giro di basso su cui si innestano sonorità soffuse e crepuscolari ripetute in reverse all’infinito, fino alla completa rarefazione del suono, l’overload del titolo appunto; si ritorna al recupero di una melodia più “definita” con la bellissima "Cerro Largo", dove fa capolino una chitarra striminzita: impressionante l’abilità di Apparat nel costruire ritmiche e sottofondo coerenti alla melodia del riff di chitarra, declinato e destrutturato in una miriade di varianti, supportato dalle solite scudisciate ritmiche in perfetti delay controtempo, bassi accennati e strabordanti, con l’onnipresente organo a imbastire la melodia; il breve interludio di "Interrupt II" (50 secondi scarsi) ci introduce a "Steady Uprising", altro capolavoro del cd: apertura "sinfonica" in "crescendo", vagamente stile Aphex Twin, poi brusca virata verso un delirio ritmico che alla fine riprende il tema iniziale; un’altra cinquantina di secondi spudoratamente Mum ("Interrupt III") e i sax accennati vanno ad accavallarsi sull’intrico di voci campionate di Negra Modelo, la traccia finale in cui ricompaiono i sax di "Interrupt III", supportati da una ritmica insolitamente piana e regolare.
Consiglio caldamente questo lavoro a tutti gli amanti dell’elettronica ben fatta e ricercata, altro non saprei come definirla. Apparat è in grado di smanettare con suoni ed effetti con abilità da fuoriclasse, e, cosa assai importante per i cultori della pulizia del suono, riesce a curare i particolari rendendoli sotto forma di nitidezza sopraffina.
Si consiglia l’ascolto in stato di religiosa attenzione rinchiusi nel buio della vostra stanzetta, o ancora meglio, se mai vi fosse possibile, sulle cime di qualche vetta himalayana o tra le dune sconfinate di qualche sterminato deserto.
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