Prima di dormire, una U.S. via l'altra: più o meno una ogni traccia. Più o meno mezzo pacchetto. Sensazioni intense e contraddittorie. Come il piacere di avvelenarsi lentamente. Come questo ascolto. Una specie di voluptas dolendi.

C'è questa voce calda, che dà anima a una musica ipnotica.

È la voce che dovrebbe avere il tuo migliore amico.

(La voce che guida l'ubriaco al suo letto. La voce che indica al poeta la luna. La voce che raccoglie i frammenti dell'anima rotta, che non si perdano. La voce di chi non ha capito tutto, ma molte cose sì.

La voce che potrebbe dire qualunque cosa.

La voce canta e sussurra, e ti scalda gli occhi, la schiena, il cuore, l'inguine.

La voce dice che il destino ti lascia sempre la possibilità di scegliere.)

 

C'è questa musica ipnotica, in cui naufraga la voce calda.

È la musica che c'è sulla luna.

(La musica che congela le lacrime sulle guance, che non cadano sulla terra. La musica che preserva il ricordo dei fatti, che non evapori nel sole del tempo. La musica che dovrebbe suonare quando non c'è nessuno che ascolta.

La musica suona, e ti raggela le dita, le orecchie, i piedi, la punta del naso.

La musica dice che ci sono sempre e solo due scelte: quella che hai fatto, e quella che avresti dovuto fare.)

 

        Note: Wikipedia insegna che "Elephant shoe" è la locuzione utilizzata dai teenagers scozzesi per dirsi "I love you".

 

[Infine, due debiti: con "La coscienza di Zeno" di Svevo, perché ormai ogni sigaretta è la U.S.; e con "Shantaram" di Roberts, per una frase biecamente riportata qua sopra e un quintale di sonno arretrato.]

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