In quei momenti la mente viaggia in emisferi scuri ed inquietanti, lontani dalla natura, lontani dall’essenza umana. Lontana da se stessa. "Neon Bible", secondo album dei canadesi Arcade Fire, riassume tutto ciò in episodi apparentemente scollegati tra loro, in realtà legati a doppio filo: tra continui saliscendi nevrotici ed emotività soffocate.
La band raccoglie dal Bowie berlinese gli strumenti per esprimere la disillusione, ruba a Dylan l’interpretazione della disperazione umana, coglie i simboli della nostra epoca con lo stile proprio dei Kraftwerk. Un album che racconta le liturgie della nostra società, gli automatismi, i crismi, le tensioni di questo decennio breve, un album che suona come uno schiaffo in faccia a coloro che credono nella tecnologia come panacea della società. Undici tracce che suonano come sermoni di utopici predicatori, come una condanna al carattere esoterico della televisione – “Antichrist Television Blues”- , al ruolo del uomo moderno – “My Body Is a Cage” - , alla fruibilità della cultura multimediale.
Resta il dubbio del nostro destino, diretto verso le tenebre. Un tunnel cupo ed apparentemente interminabile, illuminato da luci al neon che sembrano Bibbie.
Libertà solo immaginate, chimere dei giorni nostri.
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