"Gli Arctic Monkeys sono cambiati"

Nessuna dichiarazione lasciata dopo la pubblicazione del terzo album delle scimmie fu più vera. L'eterna "Next Big Thing" è tornata e stavolta ha lasciato il segno. A più di due anni dal loro ultimo disco da studio ("Favourite Worst Nightmare") esce nell'Agosto del 2009 "Humbug", di cui già il nome lascia intravedere qualche segnale di cambiamento.

Si può ripercorrere la carriera degli Arctic Monkeys in tre fasi: l'infanzia con "Whatever People Say I Am, That's What I'm Not" (titolo geniale), un disco pieno di energia, acerbo sì, ma che comunque lascia delusi in pochi, poichè la tecnica di questi ragazzetti di appena 20 anni è già buona e con un margine di miglioramento mostruoso; c'è poi la fase adolescenziale con "Favourite Worst Nightmare", con una netta maturazione che si può scorgere in varie tracce (505, Do Me A Favour, Only Ones Who Know).

Si giunge quindi ora all'età adulta, e "Humbug" ne è la dimostrazione più brillante. L'estro del leader della band Alex Turner (che aveva dimostrato ottime cose l'anno scorso con il suo progetto parallelo The Last Shadow Puppets) si scatena ancora una volta, gli ottimi Andy Nicholson e Matt Helders (rispettivamente bassista e batterista) si riconfermano di nuovo validi musicisti, il primo con alcuni giri di basso mozzafiato e il secondo con l'instancabile ritmo che dona al disco con il sostenuto martello sulla batteria.

Il CD si apre con "My Propeller", e mai inizio fu migliore: 3 minuti abbondanti di energia psichedelica, voce totalmente rinnovata (in meglio) e batteria infinita per conferire all'ascoltatore già l'idea di come dev'essere l'album e di quanto sono cambiati questi ragazzi che stanno scrivendo la nuova storia della musica inglese. Con "Crying Lightning" si arriva al singolo trascinatore, un giro di basso iniziale, e riff di chitarra ipnotizzante si parte verso una nuova dimensione inesplorata finora per un fan della band, abituato al sound rozzo e sporco dei primi anni. "Dangerous Animal", con quel ritornello in spelling fa cantare e battere i piedi, e con "Secret Door" ci si ferma a riflettere, insieme alla voce sussurata e piacevolmente nuova di Sir Alex Turner.

"Potion Approaching" riprende un po' lo stile che aveva caratterizzato il gruppo nei primi anni di carriera (carriera molto breve finora, se si considera che con i primi anni si intendono 2006 e 2007) in chiave psichedelica. La malinconica "Fire And Thud" è accompagnata dai cori e dal basso, mentre il secondo singolo "Cornerstone", una delle migliori, è la traccia più adolescenziale dell'album, riuscitissima comunque. La tripletta finale ("Dance Little Liar", "Pretty Visitors", "The Jeweller's Hands") non delude, in particolare "Pretty Visitors" può avere una sorta di palma di nuova "I Bet You Look Good On The Dancefloor".

In ogni caso, siamo molto distanti, distanti anni luce dagli Arctic Monkeys che avevamo lasciato a fine 2007, ovvero una pura garage band al 100%: oggi possiamo anche salutare le varie "Fake Tales Of San Francisco", "Brianstorm" e "From The Ritz To The Rubble", perchè la band di Sheffield è tornata più matura e più che mai pronta a dare una svolta alla propria carriera. Si tratta ancora di un album di transizione, senza una identità precisa e delineata, ma che comunque lascia ben sperare per il futuro.

Disco consigliatissimo a chiunque, anche a coloro che hanno sempre storto il naso di fronte alla band in questione: col nuovo sound, più stoner rock che british hype, rimarrete particolarmente stupiti di fronte all'evoluzione della band, che sta compiendo un'interessante cambiamento di sonorità.

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