Quando il tizio con la palandrana e il codino ha attraversato il locale ho pensato che lo avevo già visto da qualche parte. È salito sul palco in silenzio, ha imbracciato una strana chitarra a tre manici e si è seduto su una pedana al centro, modello santone indiano. Con straordinaria seraficità ha cominciato a spiegare cos'era quello strano strumento, di sua invenzione. E ci ha fatto ascoltare in anteprima parte di una suite composta proprio per quelle inusuali corde. Il suono era simile al sitar. Paolo Tofani, chitarrista degli Area, ha certamente coltivato un percorso musicale approfondendo il sapore etnico e mediorientale da sempre marchio di fabbrica della band. Certo era strano vederlo smanettare sul suo tablet per manovrare la pedaliera grazie a qualche app.
Il concerto è cominciato così, con Tofani che spiegava come ognuno nella band abbia negli anni intrapreso strade proprie, finalizzate ad avere una maggiore consapevolezza musicale. Dopo un po' hanno fatto il loro ingresso Patrizio Fariselli al pianoforte e alla tastiera, Ares Tavolazzi al basso e Walter Paoli alla batteria. Gli Area, ciò che resta oggi dell'International Popular Group. Non credevo che ancora facessero attività live (hanno ricominciato dal 2010). Come lasciar perdere l'occasione di sentire dal vivo un pezzo di storia della musica? E non solo italiana?
Il “Reunion tour” è essenzialmente una riproposta strumentale dei brani degli Area, con inserti delle esperienze soliste di Tofani e Fariselli. Si potrebbe obbiettare che manca un ingrediente troppo peculiare, ovvero la voce di Demetrio Stratos, ma data la vitalità e la sperimentazione propri di questa musica di motivi per riproporla dal vivo ce ne sono eccome. E poi, hanno o no inciso album fino al 1997?
Per chi come me negli anni '70 non c'era e si è perso quindi il loro periodo d'oro (sono nato nel penultimo anno utile di quel decennio) a inizio concerto hanno proposto un pezzo-provocazione di ottanta secondi contenente tutto il loro repertorio campionato: “Sedimentazione”. Per il resto è stato un susseguirsi di improvvisazione semi-strumentale sui classici più noti, da “Arbeit Macht Frei” a “Cometa rossa”, da “L'elefante bianco” a “Nervi scoperti”, passando per “Gerontocrazia” e “Luglio, agosto, settembre (nero)”. Semi-strumentale, dicevo, per ovvi motivi: l'unica menzione a Demetrio Stratos è venuta da Patrizio Fariselli prima di eseguire il bellissimo “Epitaffio” per solo pianoforte, rivisitazione del più antico pezzo di musica occidentale mai ritrovato. È stato Tofani a cimentarsi sornione ne “La mela di Odessa”, e in chiusura con “Gioia e Rivoluzione”, unici brani a essere riproposti cantati.
L'incrocio di free jazz, progressive, avanguardia e melodia mediorientale è sempre un'emozione, e l'energia, lo stile! che tuttora padroneggiano questi quattro signori mi ha messo l'entusiasmo. Quaranta e passa anni di carriera alle spalle e dimostrarli tutti, nel senso migliore dell'espressione.
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