Giorni orsono sto rovistando tra i cd di un supermercato per tentare la mia proverbiale fortuna ed imbattermi nell’edizione originale del singolo di esordio degli Unclaimed bucato sottocosto a 3 euri e 99 quando mi capita sottocchio un pacco voluminoso con su una faccia da pirla gigantografata e scritto «Biagio». Biagio chi?
«Sei proprio out» cinguetta la morosa del giorno «Biagio Antonacci … Questa è la nuova raccolta in triplo cd di 48 successi, con 4 inediti e 2 nuove versioni, e contiene in esclusiva pure il libro di poesie scritte da lui» cioè da Biagio «Me lo regali?» e sbrilluccica due occhi da cerbiatta che sdilinguirebbero una roccia in un battibaleno. Ma io sono più duro della roccia, per cui la strattono via, passo in fretta e furia al banco per panini, mortazza e pecorino, pago alla cassa e soprattutto trattengo in saccoccia una trentina di euri che fa sempre comodo e prima o poi mi ci compro i nuovi dell’Iguana e di Bobbone Mould.
Che poi glielo avrei pure comprato, il cd, ché da cosa nasce cosa, ma questo che si firma Biagio mi ha mandato i gangheri in tilt. Ma chi sei, ma chi ti conosce? Passi per Vasco che è Blasko, ma nemmeno Hendrix che è Hendrix si è mai firmato Jimi, o per dire si è mai visto un disco di Dylan firmato simply Bob? No! E adesso arriva questo e si firma Biagio. Ma mi faccia il piacere!
Fumando dalle orecchie, strascino la morosa del giorno fuori dal supermercato, la spintono in macchina, la riaccompagno a casa, intimandole di non farsi mai più viva. E me ne torno à la maison, bofonchiando strali e maledizioni per il fine settimana andato a farsi benedire. Ma raffreddo in fretta i bollenti ardori, sovvenendomi di Elvis e soprattutto di Aretha: Elvis prima di essere Elvis e basta ha inventato il rock’n’roll, Aretha prima di essere Aretha e basta ha partorito quella quisquilia che è «I Never Loved A Man The Way I Love You».
Vada per Aretha!
Prendo su «Aretha Now» ed è una botta che l’umore me lo schizza alle stelle, senza nemmeno piazzare il vinile sul giradischi, perché in copertina c’è il faccione sorridente di Lady Soul che è di una dolcezza disarmante, con quel colbacco al posto dei capelli che i B-52 ci fanno una mèche. Lei non me lo avrebbe mai chiesto di comprarle il triplo Biagio, ci giurerei: mai una volta che mi capiti una donna simile al fianco, e sì che me lo meriterei. Ma bando alle recriminazioni e vado di grandissimo soul.
Ora, il primo brano lo schippo senza colpo ferire, e passo direttamente ad «I Say A Little Prayer»; voi mi contesterete che non posso schippare «Think» ma io vi ribatto che, seppur non si aprisse con quell’inno imperituro a mezzo tra consapevolezza e ribellione, questo disco sarebbe comunque un signor disco. E tanto per dire, ricordo che l’lp precedente si apre con «Chain Of Fools» ed il precedente ancora con «Respect», per cui quando si dice che il buongiorno si vede dal mattino.
Ritornando ad «I Say A Little Prayer» … Burt Bacharach la scrive per Dionne Warwick nel 1967, ad Aretha piace un casino, ci pensa su un secondo e «Burt, Dionne, posso mica rifare ‘sto pezzo nel mio nuovo album?» e Burt e Dionne che devono rispondere, secondo voi? È una di quelle situazioni per cui l’autore dovrebbe pagare lui se un’Aretha Franklin propone una roba simile, un po’ come gli U2 che si sentono interpellati da Johnny Cash «Macché, posso rifare One?», «Capperi, John, e quanto vuoi per rifarla a modo tuo?». È andata proprio così ed Aretha piazza una versione monumentale. Poi, il bello è che la gloria non è tutta di Aretha, ma se ne accaparrano una fetta consistente quattro squinzie che fanno il controcanto, non solo qui ma per quanto è lungo e largo il disco: si chiamano Sweet Inspirations ed hanno appena avviato in proprio la loro carriera soul, come backing vocals sono fenomenali, per cui è già da un po’ che seguono Aretha, ed hanno collaborato e collaboreranno con Van Morrison, Jimi Hendrix e tanta altra bella gente. Qui, il ritornello è cosa loro, Aretha si mette da parte e si vola talmente alto da avere le vertigini.
Intanto che le Dolci Ispirazioni fanno il loro sporco lavoro, Aretha si precipita di nuovo al telefono e propone a Steve Cropper e Don Coway quello che pochi minuti prima ha proposto a Burt e Dionne. Stesso risultato, quindi Aretha si fionda in studio e vai con «See Saw», il tuo amore è come un dondolo, va su e giù, va e viene, io voglio altro, per cui o cambi o smammi – questo in sintesi il messaggio che Aretha recapita al suo amante – e stanno per finire i tempi in cui sono un recettore passivo che si accende e spegne a comando, ho già dato. La rifanno in tanti, ‘sta canzone … appunto la rifanno, ma Aretha la fa propria, e per afferrare il concetto, prestate orecchio ad una versione dignitosa come quella firmata in coppia da Joe Bonamassa e Beth Hart e confrontatela con quella esplosiva di Aretha.
Sono in tanti, anche di più, a rifare pure «Night Time Is The Right Time», uno per tutti Ray Charles – eccone un altro che avrebbe potuto ribattezzarsi Ray e basta. Aretha ci si butta a capofitto, ne viene fuori un mezzo blues mezzo soul che è il più sessuale che mi sia capitato di ascoltare, e no, non intendo sensuale ma proprio sessuale. La voce di Aretha è qualcosa di inenarrabile e con le Sweet Inspirations è una vera e propria orgia, di note siamo intesi, e quando Lady Soul ad un certo punto invoca il più classico baby, baby, baby, allora veramente viene da pensare che Robert Plant ne ha ancora tantissima di strada da fare. Pezzo strepitoso, punto.
Troppa tensione, bisogna smollare.
Aretha se ne rende conto e piazza in chiusura di lato la cosa più bella, l’ennesima dichiarazione d’amore per Sam che se n’è andato e ci manca qualcosa a tutti; e se poco prima la dichiarazione d’amore è quell’abisso di sensazioni di «A Change Is Gonna Come», ora ci vuole leggerezza e «You Send Me» è il pezzo giusto al momento giusto. La versione di Aretha è splendida, dal primo all’ultimo respiro, ma il breve ed insolito incipit fatto di pianoforte e bacchette di batteria, va oltre lo splendore e dona l’immortalità ad un brano che immortale lo è già. E poco importa che «You Send Me», in teoria, è un brano leggero e sciocchino, fosse di qualcun altro lo si definirebbe minore; Sam Cooke forgia un capolavoro, Aretha gli rende merito, a Sam ed al pezzo.
Finito il lato A, arrivo al giradischi e piazzo il lato B.
Tocca a Ronnie Shannon, il primo sconosciuto ai profani: per loro, basti che è l’autore di «I Never Loved A Man (The Way I Love You)», il brano. Qui, scrive «You’re A Sweet Sweet Man» ed «I Can’t See Myself Leaving You»; la prima un sinuoso soul funk bello ballerino che Aretha si beve come un bicchiere d’acqua, l’altra rallentata e meditata, quasi blues, programmaticamente piazzata in chiusura del programma. Aretha è sempre e comunque Lady Soul ma questi due brani, a differenza «I Never Loved A Man (The Way I Love You)», non cambiano la sostanza.
Due brani in sordina sono quel che serve per annunciare il clamore più deflagrante, «I Take What I Want». Aretha è scatenata, mi prendo tutto quello che voglio ed oggi quello che voglio sei tu; una dichiarazione di guerra a tutti gli effetti, chi non sta dalla parte di Aretha è contro Aretha, non ci sono alternative, è lei la prima unica vera riot grrrrrl che mai abbia afferrato un microfono; nel rivoluzionario concerto del Maggio parigino, questa avrebbe abbattuto l’Olympia e pure la torre Eiffel. Ed anche questa volta, non si può prescindere dalle Sweet Impressions, io me le vedo pure quando con sfrontata impertinenza piazzano quel «mmmh mmmh mmmh» che dice più di mille parole. Attitudine devastante per davvero.
Giusto il tempo di scrivere che c’è pure una strepitosa ripresa di Jimmy Cliff, che in questo album suona pure gente del calibro di Spooner Oldham e Bobby Womack, e poi mi arrendo perché basta, non ce la faccio più ad andare avanti, ché «I Take What I Want» a me mi spacca, letteralmente.
Ah, e perché non si dica che sono un insensibile cafone - un rude boy sì, un insensibile cafone mai - domani vado a comprare il triplo Biagio e lo dono alla morosa del giorno scorso, accompagnato da un mazzo di fiori, e così magari svolto pure la compagnia per Pasquetta … Iggy e Bobbone mio capiranno …
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