Questo duemilaquattordici ancora in corsa sembra aver definitivamente chiarito una questione: non c'è più posto per le veterane del pop nelle classifiche e nei cuori della rinnovata audience. E se un magro posticino può esserci è caduco oppure vano per una coda positiva futura. Snobbate, volgarmente apostrofate come vecchie e decadute, malamente redarguite dai bigotti a causa di scollacciamenti troppo ampi e frivolezze retrò non più tollerabili, allontanate da programmazioni radiofoniche perché incompatibili con il target teen-friendly che non accetta ancheggiamenti over 40, le Dive degli Ottanta e dei Novanta alzano bandiera bianca di fronte all'avanzata delle nuove leve. Nuove leve che - paradossalmente - si rifanno in tutto e per tutto agli insegnamenti pop delle loro madri(ne), inclusi scandali e scandaletti, neo sculettamenti in salsa twerk, inneggi alla cannabis e wurstel giganti sul palcoscenico. Facciamo una breve panoramica di tale decadenza: a marzo Kylie Minogue sforna Kiss Me Once e per la prima volta da decenni non azzecca una top ten nell'amata UK (oltre a non conquistare per l'ennesima volta il cuore del pubblico USA, pur contando sull'americanissimo management Roc Nation di Jay-Z); a maggio Mariah Carey fallisce mestamente l'arduo compito di risalire la china con Me. I Am Mariah...The Elusive Chanteuse; infine, all'albeggiare dell'estate e dei tormentoni da spiaggiofilo A.K.A. di Jennifer Lopez finisce in direttissima nel cassonetto dei fiaschi, compresa la piccante copertina e un ennesimo duetto con Pitbull, Booty, che - guarda caso - celebra lo shakerare del fondoschiena, trend nato con Miley Cyrus e attualmente in vigore con Anaconda di Nicki Minaj.

Vorrei adesso concentrarmi sulla parabola di Mariah Carey, personaggio che si collega con il soggetto in recensione e che può introdurlo alla perfezione. Suppongo che tutti conosciate quella che un tempo troneggiava sull'Olimpo del m-biz con Vision of Love, Hero e Without You e che subì (o meglio si auto-inflisse) la discussa metamorfosi in diva plasticosa e super-brillantinata alla fine dei Novanta, in concomitanza con il divorzio matrimoniale e creativo con Tommy Mottola e la Columbia. E proprio l'ostinazione nel voler mantenere a tutti i costi l'aura di Ms. Perfezione - con tanto di dubbio pesoforma strizzato in abiti XXS - potrebbe spiegare il mesto destino di Elusive Chanteuse. Sia chiaro, non parliamo di un Vision of Love alla seconda, al quasi venticinquennale di carriera, eppure manca l'ormai classica sfilza di rapper e brani come You Don't Know What To Do, Make It Look Good, Faded e The Art of Letting Go rischiarano i cieli ammorbati dall'alone finto ghetto. Purtroppo tutto questo non è bastato di fronte all'incapacità della Diva di fare meno la Diva: rimangono un buon album gettato alle ortiche e un team di grafici neanche capaci di utilizzare Paint come si deve (vedasi il becero copia-incolla facciale nella cover del singolo You Don't Know What To Do). Crollano le grandi personalità pop, la Rete pullula di battibecchi e schizofrenici catfights per nominare l'erede di chi (Madonna "incoronerà" Katy Perry, Lady Gaga, Rihanna oppure chi?) e intanto ci gustiamo le performance radical-porno di Miley Cyrus ai Video Music Awards. Le Vecchie in pensione, le Giovani in passerella. Ma sarà tutto da biasimare?

Ho avuto modo di approcciarmi al personaggio di Ariana Grande, classe '93, origini siculo-abruzzesi, e una gavetta a Nickelodeon, con il debutto di Yours Truly, uno dei lavori pop-mainstream che reputo tra i più significativi dell'anno trascorso assieme a Electric dei Pet Shop Boys, il bis dei 20/20 Experience di Timberlake e l'omonimo di Beyoncé. Ascoltare pezzi come The Way, Baby I, Piano, You'll Never Know non solo mi ha fatto ricredere sul valore e sull'apporto artistico delle neoventenni (ovvero non ci sono solo Justion Bieber, Miley e le twerkate post-Disney) ma mi ha fatto pensare alle atmosfere semplici, naturali, fresche, salubri, sobrie di quella che fu la Carey del periodo 90-99, personaggio alla quale Ariana sicuramente trae linfa e ispirazione pur senza plagi e presunti tali. R&B-Soul in guazzetto pop come lo erano Hero, Vision of Love, Honey, Fantasy, Someday e Emotions, voce calda e avvolgente, personalità semplice ed equilibrata: il mix ideale per vestire i panni di un mito caduto in disascolto.

My Everything significa per la Grande il balzo al difficile step del secondo album (in un periodo dove il successo è terribilmente volatile e dura il tempo di un tormentone virale simil Happy o Gangnam Syle), step che viene colmato con una leggera virata dal puro R&B-Soul verso lidi più pop, sbarazzini e radiofonici, seppur coerenti con il percorso soul-friendly à la Mariah. Ariana assolda quindi produttori pentastellati e sceglie di abbracciare sonorità frizzanti, hip-hop friendly e un pizzico danzerecce che - fortunatamente - non si arrendono al 100% a derive elettroniche. In aggiunta, un gruppo di colleghi e colleghe salgono sull'innocente giostra dell'ex stelletta Nickelodeon, contribuendo (è il caso del magistrale The Weekend) a produrre brani di eccelsa qualità.

Il new deal di Ariana Grande viene inaugurato con l'iper sbarazzina Problem, hip-pop frammezzato dal sassofono funky in duetto con l'australiana Iggy Azalea, a cui fanno seguito il synth tribale  di One More Try, la ballad "militare" Why Try e Break Free, l'unico scivolone eurodance del progetto. Superato lo "smacco" discotecaro recuperiamo subito con le velature dark-oniriche di Best Mistake, la saga retrò e - nientepopodimeno che - filo Mariah di Be My Baby e soprattutto con il capolavoro di Love Me Harder, idillio elettro-R&B assimilabile a Do What U Want di Lady Gaga e R. Kelly. Chiudono l'uptempo hip hop orientaleggiante Hands On Me, la super combo soul funky Bang Bang (con Jessie J e Nicki Minaj) e la basica Only 1, particolarmente 90s friendly.

Ariana Grande mantiene in buona parte le valide promesse di Yours Truly. Pop, R&B, un velo di elettronica, soul giovanile e genuinamente post adolescenziale a profusione. Niente twerk, niente ammiccamenti, largo alla bella voce. Che Mariah (quella degli esordi, sia chiaro) possa consolarsi di un venticinquennale di carriera in chiaroscuro?

Ariana Grande, My Everything

Intro - Problem - One Last Time - Why Try - Break Free - Best Mistake - Be My Baby - Break Your Heart Right Back - Love Me Harder - Just A Little Bit Of Your Heart - Hands On Me - My Everything - Bang Bang - Only 1 - You Don't Know Me

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