Tocca proprio a me sollevare il de-velo su Ariel Pink? Grato compito. Grazie.

Premesso che il Cd doppio in esame altro non è che una raccolta di brani tratti da una discografia elefantiaca relegata su un numero imprecisato di etichette indipendenti e di cassette autoprodotte, vi informo da subito che adoro il suo grezzo contenuto. E non fosse che trattasi di una compilazione, concorrerebbe di per certo al titolo di migliore (sotto)produzione di quest'anno. Per gradi allora:  A. P. H. G. è un progetto sostanzialmente solista, destinato a strutturarsi in band, coltivato dal polistrumentista californiano Ariel Rosenberg dall'alba del millennio e dedito ad estemporanee rivisitazioni del pop degli ultimi decenni, servite in zuccherina salsa lo-fi; questo non per l'adozione di uno specifico artificio artistico ma semplicemente per la scarsità dei mezzi a disposizione e grazie ad un'innata indole giocosa.

Nulla di nuovo quindi, direte voi: il solito menestrello americano alt/neo/post, ecc.. Invece, quel che impressiona qui, oltre la poliedricità e la prolificità del soggetto, è come il giovane Ariel riesce ad imprimenere alla materia un'aurea di classicità che solo i grandi talenti sanno rendere altrettanto. Se sgrossassimo la calagine di bassa fedeltà che permea le 23 canzoni che formano "Grandes Exitos", che pure è parte integrante della fascinazione esercitata sul sottoscritto dall'intero lavoro, ci troveremmo di fronte a brani che non sfigurerebbero affatto nelle produzioni di S. Merrit, B. Eyes o C. F. T. P. A., pur con i dovuti distinguo e tanto per citare dei numi affini e ben più celebrati.

Ingenuo e ingegnoso, il nostro sciorina con invidiabile ispirazione e scioltezza cover degli Smiths e pezzi soul sintetici con tanto di coretti in falsetto, alterna garage pop a ballate chitarristiche in odore di psichedelia. Così "Jules Lost His Jewels" è il sorriso che ti sboccia al primo ascolto, "For Kate I Wait" è bozzolo di quintessenza pop, "She's Gone" e "My Molly" capolavori garage rock degni di un prossimo Nuggets dedicato a questi anni zero, "Life in L.A." intriga e commuove nel suo andamento stonato, "I Wait" e "Spires In The Snow" ricordano la naivitè della migliore C86 generation, "Helen" e "Alisa" impreziosirebbero il catalogo di Caribou, "The Drummer" è soul pop da invidia, "Evolution Is A Lie" è contagioso surf sbracato.

Per la discografia completa vi rimando alla rete. Il giorno in cui godrà di una produzione adeguata ai suoi mezzi, questo ragazzo spacca. Nel frattempo non siate refrattari, occhiali rosa e unitevi al culto.

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